È stata guerra aperta, per diversi anni, tra due famiglie (uniche) residenti di una piccola borgata a Roccabruna: una composta da allevatori della valle Maira che in quella casa risiedevano solo per l’inverno, insieme a una quarantina di mucche. L’altra da una coppia di origini nizzarde, marito e moglie, che ha scelto di tornare nei luoghi in cui aveva vissuto la famiglia di lei.
Su cosa abbia guastato i rapporti, le opinioni sono discordanti: gli “italiani” sostengono che il problema fosse soprattutto l’insofferenza per il loro bestiame, i “francesi” che tutto abbia avuto origine da un altro animale, ovvero il cane dei vicini. In un’occasione aveva morso una signora, loro ospite, e la coppia aveva testimoniato nella causa conclusasi con una condanna al risarcimento. Ad ogni modo, sono stati altri i fatti che hanno portato al processo e alla condanna di P.C., cittadino francese, classe 1955, per lesioni e atti persecutori. Il vicino che lo ha denunciato ha consegnato anche un video, filmato col telefonino: “Si vede chiaramente che mi dà una bastonata sul braccio mentre tengo il telefonino in mano” ha spiegato in aula. L’episodio, riferito al dicembre del 2020, sarebbe stato solo l’ultimo di una serie di provocazioni e minacce: “Ogni volta che mi vedeva fuori di casa usciva anche lui e si piazzava davanti alla macchina, facendo segno con la mano di volermi picchiare. Oppure passava con la motosega accesa fissandomi o si metteva al centro della strada con l’accetta”.
Frasi come “contadino di m…”, “non avrai mai una donna” o “morirai presto” avrebbero accompagnato i vari dispetti, confermati dai familiari della persona offesa, in particolare dalla sorella: “Non ero presente all’aggressione ma ho ricevuto la telefonata di mio fratello. Era molto scosso, mi diceva di aver ricevuto una bastonata dal vicino. Aveva anche perso il cellulare perché lui glielo aveva buttato in una scarpata, lo abbiamo ritrovato in seguito”. Nei suoi confronti, ha aggiunto la donna, sarebbero state poste in essere altre condotte minacciose: “In un’occasione l’ho incrociato per strada in macchina e lui ha continuato a tirare avanti sulla mia corsia, scartando solo all’ultimo”. Opposta la versione della moglie dell’imputato, secondo la quale, il giorno della lite, il marito non avrebbe avuto con sé nessun bastone: “Non ha lanciato il telefono del vicino, che invece gridava in modo aggressivo”. Il motivo degli attriti? La regolamentazione degli spazi comuni: “L’agente gli aveva venduto casa dicendo che eravamo francesi e andavamo solo qualche volta all’anno, così non è stato e loro non lo accettano”.
Per il 69enne il pubblico ministero Gian Luigi Datta aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione per entrambi i reati, le lesioni e lo stalking: “Le minacce e un continuo occuparsi degli affari dei vicini in modo troppo invadente perfezionano il reato di atti persecutori”. In ambito di vicinato, ha ricordato l’avvocato di parte civile Stefano Barzelloni, la giurisprudenza ha individuato da tempo una tipologia definita “stalking condominiale”: “Il reato esiste anche quando non sono in campo rapporti affettivi” e non lo esclude “il fatto che le discussioni potessero avere carattere di reciprocità”. Nessuna prova sulle molestie e nemmeno riguardo all’aggressione, ha ribattuto l’avvocato difensore Paolo Simondi: “Il video non dimostra assolutamente quello che la persona offesa denuncia”. Il legale ha parlato di “querele presentate a scopo difensivo”, menzionando episodi di segno contrario come lanci di oggetti dal balcone e gomme bucate alle auto di amici della coppia francese: “È vero che non si sono ravvisate responsabilità, ma in borgata abitavano solo due famiglie”.
Il giudice Elisabetta Meinardi ha condannato l’imputato a un anno e due mesi di reclusione per entrambi i capi, rinviando alla sede civile la quantificazione del risarcimento.