Sono molteplici gli episodi di violenze e umiliazioni finiti sotto la lente della Procura di Cuneo, che indaga 23 agenti e ufficiali penitenziari della casa circondariale di Cerialdo per i reati di tortura, abuso di potere nei confronti di detenuti e lesioni.
Il più grave è quello che sarebbe avvenuto nella notte tra il 20 e il 21 giugno scorso, quando diversi poliziotti, in quel momento fuori servizio, si sarebbero introdotti nella cella 417 del padiglione “Gesso” nel corso di una vera e propria spedizione punitiva. Vittime del pestaggio cinque detenuti di origine pakistana, colpiti con calci e pugni al volto: la loro colpa era quella di aver protestato, battendo sui blindi, perché un altro recluso nella vicina cella 416 lamentava forti dolori alla gamba e aveva chiesto più volte, senza risultato, di essere visitato in infermeria. Negli atti della Procura si parla di un “trattamento inumano e degradante per la persona”, tale da causare anche un “verificabile trauma psichico” ai detenuti aggrediti.
Dopo il pestaggio, i cinque sarebbero stati trascinati di peso in infermeria mentre le guardie continuavano a colpirli e minacciarli, facendo sbattere la testa contro il muro a due di loro. Ancora nella stanza adiacente a quella delle visite, i detenuti sarebbero stati scherniti e ingiuriati con epiteti razziali come “parla adesso pakistano” o “siete pakistani e persone di m…”. Particolarmente cruenta la descrizione delle violenze a cui sarebbe stato sottoposto l’uomo che aveva chiesto la visita medica in precedenza: “Vuoi anche tu qualcosa? Così stanotte dormi bene… ti do io qualcosa” gli avrebbe detto uno dei sorveglianti, colpendolo con pugni, schiaffi e calci fino a farlo cadere dalla sedia. Un altro dei carcerati, preso a calci sui fianchi mentre era seduto a terra, sarebbe stato minacciato di ulteriori botte se l’indomani non si fosse tagliato barba e baffi. Agli agenti si contesta nello stesso frangente un abuso di potere, consistito nell’interrompere la visita medica per collocare i detenuti in isolamento, dove erano in effetti rimasti - uno di loro con indosso solo le mutande - fino al mattino successivo, in celle senza finestra, materassi e acqua in bagno.
Oltre alla “spedizione” di giugno, culminata in lesioni di varia entità (tra i sette e i quindici giorni di prognosi), agli agenti si riconducono tre diversi episodi di violenza denunciati tra l’ottobre del 2021 e l’aprile del 2022, ai danni di due detenuti stranieri. Uno di loro, nordafricano di religione islamica, secondo le accuse sarebbe stato percosso dopo aver chiesto e ottenuto un trasferimento di cella per osservare il Ramadan: mentre si trovava nell’ufficio del casellario, le guardie lo avrebbero invitato a denudarsi per poi colpirlo alla nuca con uno strumento di metallo e un cesto. Più tardi un addetto alla vigilanza lo aveva ritrovato in stato di incoscienza: ne era seguito un ricovero urgente in ospedale, con una prognosi di trenta giorni. Cinque mesi prima, lo stesso soggetto - che aveva messo in atto comportamenti violenti e doveva essere perciò collocato in isolamento - sarebbe stato percosso anche con uno storditore elettrico. C’è infine il pestaggio ai danni di un altro nordafricano, al rientro dopo essere stato inviato in ospedale per atti di autolesionismo: tra il corridoio della sezione isolamento e il magazzino, il recluso sarebbe stato picchiato e minacciato.
Perquisizioni e avvisi di garanzia a carico degli indagati sono scattati martedì scorso, il 3 ottobre. La Procura, però, teneva da tempo sotto controllo la situazione nella casa circondariale: dal carcere erano arrivati più segnali e c’erano carenze in particolare nella videosorveglianza. Tuttavia, allo stato, non si è ritenuto necessario chiedere misure cautelari: i detenuti sono stati trasferiti ad altre sedi, in vista dell’incidente probatorio. C’è poi un’indagine parallela per spaccio di droga all’interno del penitenziario che coinvolge alcune guardie. Gli inquisiti sono tutti agenti del carcere, non si ipotizzano quindi responsabilità nella catena di comando come è accaduto a Torino. Domenico Minervini, attuale direttore del “Cerialdo”, è stato processato insieme all’ex capo della Penitenziaria e a un agente per analoghi fatti verificatisi nel carcere Lorusso e Cotugno tra il 2017 e il 2019. Il funzionario, assolto dall’accusa più grave di favoreggiamento, a settembre è stato condannato a una multa per la sola imputazione di omessa denuncia.