Ancora disordini nel carcere di Cerialdo nella giornata di venerdì 13, quando fin dal mattino si sono verificate tensioni all’interno del reparto “Gesso”.
Un detenuto straniero, riferisce il sindacato di polizia Osapp, ha scavalcato la rete del campo sportivo per poi arrampicarsi sul tetto della struttura, chiedendo di ottenere un trasferimento in altra sede: “Tecnica che ultimamente va molto di moda tra la popolazione detenuta” annota la sigla sindacale autonoma a riguardo, ricordando che in passato altri detenuti avevano tentato l’evasione con analoghe modalità.
Nello stesso frangente si sono verificati tafferugli presso alcune sezioni, quando i detenuti hanno tentato di uscire venendo fermati dall’intervento della Polizia Penitenziaria. Gli stessi reclusi hanno poi ulteriormente protestato, rifiutando di fare rientro nelle proprie celle fino a tardi. È stato perciò richiamato in servizio il personale che fino alle 22,30 ha faticato non poco per ripristinare l’ordine e la sicurezza interni.
“La casa circondariale di Cuneo è diventata un altro dei numerosi gironi infernali che caratterizzano l'attuale sistema penitenziario italiano: risse, aggressioni al personale, violenze e proteste di ogni genere, autolesionismi e tentate evasioni” denuncia Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp: “Ciononostante i detenuti della struttura vivono in uno stato di autogestione pressoché completa, decidendo orari e modalità di spostamento o di permanenza in cella”.
Nel penitenziario cuneese sono in servizio due soli ispettori a fronte dei 27 previsti dalla pianta organica. Una circostanza che induce i rappresentanti sindacali dei baschi azzurri a lamentare “l’assoluta incuranza e la completa disattenzione gestionale ed organizzativa” per una struttura che ospita oltre 40 detenuti nel circuito del 41 bis: gli agenti, continua Beneduci, sono “gli unici ad essere penalizzati con turni di lavoro massacranti di 14 ore continuative ed oltre, senza fruire di riposi o ferie, con danni fisici e morali subiti ogni giorno e con il continuo timore di conseguenze disciplinari e penali benché quasi sempre e nei fatti immotivate”.
“Pressoché scontato per l’amministrazione e il sistema penitenziario - conclude - il paragone con il disastro del Titanic in cui, mentre la nave stava affondando, l’orchestra continuava a suonare e i ‘capi’ ovvero i passeggeri della prima classe, sicuri di salvarsi i ogni caso, continuavano a ballare”.