CUNEO - Una “fuitina” dietro agli spari al campo nomadi di Cuneo

Cinque proiettili contro l’abitazione di famiglia di un 28enne. A sparare, per l’accusa, sarebbe stato il padre di una giovanissima con cui aveva avuto una relazione

Andrea Cascioli 10/09/2024 15:42

Una fuga d’amore ripetuta per un paio di volte nel corso di un anno: nella prima di queste lei, figlia di una famiglia sinti del campo nomadi di Cerialdo, non aveva ancora compiuto la maggiore età. Ci sarebbe questo fatto all’origine dell’azione intimidatoria condotta a colpi di pistola, nella notte fra il 2 e il 3 febbraio del 2020, contro una delle abitazioni di via del Passatore.
 
A confermare la relazione è il destinatario dell’“avvertimento”, all’epoca dei fatti 28enne. Il presunto sparatore, ora in carcere per altri reati, è accusato di detenzione illegale di armi e minaccia. Quattro anni fa si era parlato di un possibile agguato razzista. Un episodio che aveva inquietato la comunità sinti, tanto da indurre i residenti a organizzare turni di sorveglianza e ronde notturne. All’attuale ricostruzione dei fatti gli inquirenti sono arrivati grazie alle intercettazioni telefoniche condotte dalla Squadra Mobile, su ordine della Procura. È emersa così la faida che già da mesi opponeva la famiglia della giovanissima al 28enne, anch’egli membro di una famiglia sinti che risiedeva nel campo.
 
Gli spari, cinque colpi di calibro 38, avevano investito il salotto di un’abitazione, conficcandosi nel muro e spaccando due finestre. In quel momento dormivano in casa i suoceri del 28enne, sua moglie e la figlia di appena sette anni. Erano stati loro a chiamare il 112 alle tre e mezza di notte, anche se in seguito non è mai stata sporta una formale denuncia per l’accaduto. Agli atti c’è un messaggio, in cui l’attuale imputato scriveva all’altro uomo “stavolta sei morto”. Si sa dalle intercettazioni che il presunto sparatore disponeva di un’arma, cosa di cui avrebbe parlato con un conoscente affermando di tenerla “sempre a portata di mano”.
 
Su quanto accaduto quella notte la vittima dell’intimidazione non ha fornito molti particolari, pur confermando di aver avuto una relazione extraconiugale con la figlia dell’imputato, insieme al quale era fuggito dal campo per dirigersi in Toscana, dove lui vive tuttora. “Tre mesi prima del fatto, il padre della ragazza mi ha aveva detto che dovevo restare a casa mia e che sua figlia sarebbe tornata da lui” ha ammesso, sostenendo che per quanto ne sapeva la questione poteva considerarsi risolta: “Quando sono tornato a Cuneo eravamo a posto. Sarei potuto andare da mia moglie, ci eravamo messi d’accordo tramite altre persone”. Quella sera, ha aggiunto, lui non si trovava nell’abitazione, ma in una roulotte poco lontana: “La mia compagna era andata con la bambina dai nonni, perché mia figlia aveva le coliche. In piena notte abbiamo sentito gli spari, ma non ho visto nulla per strada: sulla strada che porta all’uscita dal campo nomadi non c’è nemmeno un lampione”.
 
Il prossimo 18 ottobre il giudice ascolterà altri testimoni della vicenda.

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