Il rapporto con la pubblica amministrazione, si sa, non è sempre facile. Nella vicenda che ha portato a processo il cuneese N.B. però si è rivelato anche più burrascoso del solito.
L’imputato è un utente dell’Agenzia delle Entrate come tanti, ben conosciuto dagli impiegati presso i quali è solito inoltrare pratiche e richieste di informazioni. I fatti per cui è finito davanti al tribunale risalgono al maggio di due anni fa, quando era stato denunciato per interruzione di pubblico servizio e oltraggio a pubblico ufficiale. Motivo della querela, le veementi proteste contro i tempi d’attesa allo sportello - a suo dire eccessivamente lunghi: “Quel giorno - ha ricordato l’impiegato che si trovò a fronteggiare l’ira del cittadino - c’erano più di trenta persone in sala. N.B. ha dato in escandescenze per circa un quarto d’ora, con insulti e urla. Poi si è allontanato prendendo a pugni alcuni cartelloni”.
L’attività dei dipendenti dell’Agenzia non sarebbe comunque stata pregiudicata, stando a quanto riferito dal teste: “Qualcuno nel pubblico era un po’ preoccupato. Ricordo un signore che veniva da Torino e aveva commentato ‘neanche da noi devono gestire queste situazioni negli uffici’”. Un collega dell’operatore di sala, anche lui agli sportelli quel giorno, ha confermato che N.B. si era limitato a inveire contro il dipendente apostrofandolo con gli epiteti “ignorante, cafone e maleducato” e indirizzandogli infine un “vaffa”: “Ma non si trattava di un affronto diretto. - ha precisato - È successo mentre si stava già allontanando”.
Il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione per l’interruzione di pubblico servizio e una condanna a venti giorni per l’oltraggio. La difesa, domandando l’assoluzione piena, ha rimarcato che il gesto non è stato senza conseguenze: prima del processo e dopo reiterate proposte, infatti, l’uomo aveva già risarcito con 1500 euro l’impiegato offeso e con ulteriori 500 euro l’Agenzia delle Entrate.
Almeno sotto il profilo penale non ha dovuto patire oltre. Il giudice infatti lo ha assolto dal primo capo d’imputazione perché il fatto non sussiste e dall’oltraggio per la particolare tenuità del fatto.