C’è anche il reato di tortura tra le ipotesi che la Procura di Cuneo sta vagliando nell’inchiesta che coinvolge 23 agenti penitenziari della casa circondariale di Cerialdo. A darne notizia per primo è stato il quotidiano Domani, con un articolo a firma di Nello Trocchia.
Gli inquirenti avrebbero notificato gli avvisi di garanzia nei giorni scorsi e disposto sequestri, alla ricerca di documenti che possano riscontrare le ipotesi investigative. I presunti abusi sarebbero avvenuti anche nei mesi scorsi. Gli agenti restano per il momento in servizio: il dipartimento non ha disposto alcuna sospensione e non sono state richieste misure cautelari a loro carico. Nulla trapela dagli investigatori, ma la notizia ha già provocato reazioni a livello politico e sindacale.
La senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi loda “il prezioso lavoro della magistratura nel ‘difendere’ il reato di tortura”, oggetto di una proposta di legge di Fratelli d’Italia che vorrebbe abolirlo: “Le tante inchieste e i tanti procedimenti in corso dimostrano come il reato di tortura sia necessario e non si può modificare. Il governo e la maggioranza di destra non pensino di toccare il reato di tortura che punisce gli abusi commessi dai pubblici ufficiali. Sarebbe una cosa gravissima che rischierebbe di ostacolare, se non bloccare, i tanti processi in corso. In Parlamento contrasteremo con forza ogni ipotesi di modifica o abrogazione del reato di tortura”.
“Riponiamo incondizionata fiducia nella magistratura e negli organi inquirenti” commenta Gennarino De Fazio, segretario generale del sindacato di Polizia Penitenziaria Uilpa: “Tutto questo, però, a prescindere da quella che sarà la verità processuale, dimostra ancora una volta la totale disfunzionalità del sistema penitenziario e una persistente e strisciante emergenza mai affrontata compiutamente dalla politica. Anche per questo chiediamo al governo Meloni e al ministro Nordio riforme immediate e investimenti mirati”.
“Chi sbaglia va individuato, isolato e perseguito, - aggiunge il sindacalista - ma se le indagini per il reato di tortura sono ormai numerosissime e interessano carceri diverse in tutto il Paese, probabilmente, c’è molto di più di qualcosa nell’organizzazione complessiva che non funziona e da correggere. In altre parole, pur essendo convinti che la stragrande maggioranza degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria coinvolti riuscirà a dimostrare la propria innocenza, appare evidente che vi sia un problema di sistema: o il reato di tortura è costruito male nel nostro codice penale o significa che l’organizzazione complessiva dei penitenziari non regge. In tal ultima ipotesi, non si può evidentemente pensare solo alla repressione, ma bisogna prevenire le degenerazioni mettendo compiutamente in sicurezza le carceri, chi vi è ristretto e chi vi lavora, sotto ogni profilo”.