La modalità con cui Balocco ha pubblicizzato e commercializzato il pandoro Pink Christmas costituisce “pratica commerciale scorretta”, perché era idonea a falsare il comportamento del consumatore medio. Lo dice la Corte d’Appello di Torino, confermando quando la prima sezione civile del tribunale aveva stabilito ad aprile. Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef hanno avviato un’azione inibitoria dinanzi alla giustizia torinese sulla vicenda che coinvolge, oltre all’azienda dolciaria fossanese, l’influencer Chiara Ferragni. In sede penale, solo pochi giorni fa la Procura di Milano ha chiuso le indagini per truffa nei confronti di Ferragni, dell’ad del gruppo Alessandra Balocco e di altri indagati, rispetto ai quali si dovrà decidere l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.
Nel frattempo il tribunale civile aveva riconosciuto la scorrettezza della pratica messa in atto - facendo credere che una parte delle vendite del pandoro servissero a finanziare l’ospedale infantile Regina Margherita -, ma allo stesso tempo aveva respinto le richieste risarcitorie delle tre associazioni, quantificate in un milione e 500mila euro. I consumatori ritengono comunque di poter avviare ulteriori azioni sulla scorta di quanto sancito dagli organi giudiziari: “Le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Torino sono importanti perché spalancano le porte a risarcimenti in favore dei consumatori che hanno acquistato il prodotto. - affermano Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef - Tuttavia questa vicenda rappresenta una lezione amara: quando il marketing supera i limiti della trasparenza, le conseguenze possono essere devastanti, non solo per le aziende come Balocco, ma anche per le celebrità che prestano il proprio volto e la propria immagine”.
Nel respingere il reclamo di Balocco, la corte presieduta da Emanuela Germano Cortese rileva che “la comunicazione contenuta sul cartiglio del pandoro non era affatto chiara nel senso che non vi sarebbe stata una donazione successiva alla commercializzazione del pandoro che tenesse conto delle vendite effettuate”. Questo perché “l’uso del verbo al tempo presente ‘sostengono…finanziando l’acquisto’ (nel cartiglio, ma anche nei messaggi web e nei post Instagram) era invece idoneo ad ingannare il consumatore, in quanto ometteva di comunicare che la donazione era già stata fatta in passato e non vi era alcun sostegno o finanziamento in corso o da effettuare (l’unico che potesse essere influenzato dal numero di prodotti venduti)”.
Anche la rilevante differenza di prezzo del Pink Christmas griffato Ferragni rispetto al “normale” pandoro Balocco (il primo venduto a 9,37 euro, contro i 3,68 euro del prodotto classico) “ha contribuito ad indurre nel consumatore il convincimento che nel maggior prezzo vi fosse una diretta contribuzione al reperimento dei fondi utili al progetto di beneficenza, pur tenendo conto dei costi per l’uso del marchio di Chiara Ferragni”.