Si è chiuso con un’assoluzione perché il fatto non sussiste il processo contro il commercialista genovese C.B., accusato di concorso in bancarotta fraudolenta davanti al Tribunale di Cuneo.
Il procedimento nasceva dal crac della ditta fossanese ‘Negro Escavazioni snc’, posta in liquidazione coatta amministrativa nel gennaio 2012. Per quella vicenda i cugini G.N. e M.N., titolari dell’impresa, hanno patteggiato la condanna a un anno e sei mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta, più altri sei mesi per reati ambientali. Pochi mesi prima di fallire, i titolari avevano però tentato una carta estrema: convertire l’azienda in una cooperativa, in modo da tutelare i loro beni personali.
Un semplice magheggio amministrativo, atto a mascherare un passivo sullo stato patrimoniale che già allora ammontava a oltre un milione e 400mila euro. Per operare questa trasformazione si erano rivolti a C.B., professionista molto conosciuto nel capoluogo ligure e lambito in passato da varie inchieste, tra cui la cosiddetta ‘Tangentopoli della Lanterna’ che portò alla condanna per corruzione dell’ex consigliere comunale dei Ds Massimo Casagrande.
Il pm Pier Attilio Stea contestava al professionista un “concorso morale” nella bancarotta, dal momento che l’intera operazione era stata architettata dagli amministratori della ‘Negro Escavazioni’ al solo scopo di ritardare il più possibile il fallimento e permettere il passaggio di mezzi e personale alla nuova società costituita da G.N. e M.N., la ‘Coestram srl’ (poi fallita a sua volta). L’avvocato Mauro Trixino, per contro, obiettava che “la trasformazione non ha pregiudicato in alcun modo i creditori della precedente società, perché gli asset erano gli stessi e tutto è continuato in sostanza come prima”.