La truffa della 'società fantasma' per cui quattro persone sono a processo a Cuneo ricorda la trama del film ‘La stangata’. Con le dovute differenze, a cominciare dal fatto che qui non si parla di scommesse sportive ma di macchinari e che la truffa reale, a differenza di quella cinematografica, non è andata a buon fine per l’intervento dei Carabinieri.
Tutto incomincia (e finisce) nel 2014 in un capannone di Fossano. Qui un’impresa di Marene, produttrice di ‘muletti’, ha effettuato consegne senza mai ricevere un pagamento. Un altro imprenditore di Alba, fornitore di attrezzature per cucine di ristoranti, avrebbe dovuto fare altrettanto trasportando merce per 15mila euro, ma accorgendosi per tempo che le fideiussioni bancarie erano false bloccò la consegna.
Il fatto è che la ‘Linea blu srl’, registrata a Castagnito ma in realtà inattiva, era una scatola vuota. Al vertice - in teoria - figurava un prestanome reclutato nel Torinese, Marco F., e insieme a lui Salvatore F., l’uomo che l’aveva reclutato e che si occupava dell’amministrazione, Simone S. che fungeva da tramite con le banche e Frank S., che rispondeva alle telefonate e occupava la postazione computer nel capannone.
Il nome di Marco F. era quello che gli altri tre spendevano per fare gli ordini, ma nessuno dei trasportatori l’ha riconosciuto in aula: “Il nome era scritto a stampatello sulla bolla, e la persona che ha firmato si qualificò così” ha testimoniato uno di loro. Di fatto, in quel capannone il presunto amministratore delegato c’era stato due volte, di cui una per sistemare il cartello che avrebbe sancito l’inizio delle ‘attività’.
In cosa consistessero per lui queste attività, lo spiega lo stesso imputato: “Ero senza lavoro e Salvatore, un mio conoscente, mi ha offerto un’occasione che ho accettato. Al mattino mi veniva a prendere Simone S. e mi accompagnava in banca per le commissioni. Mi ha fatto aprire conti in varie banche, versare soldi, firmare assegni, ma non ho mai visto una fideiussione”. E nemmeno un commercialista, tranne la volta in cui andò a registrarsi come amministratore delegato della ‘Linea blu’.
Non c’era nessun ufficio che gli fosse stato chiesto di occupare, né un telefono aziendale a suo nome, sebbene sapesse che ne erano stati acquistati cinque con altrettante sim. Tutto questo è andato avanti per tre o quattro giorni alla settimana nell’arco di un mese, dietro la promessa di una ricompensa che non è mai arrivata. Perché a un certo punto i ‘soci’ hanno smesso di chiamarlo e sono spariti.
“Ho provato a contattarli in seguito ma non li ho mai più sentiti” racconta adesso Marco F., rievocando la vicenda da cui, assicura, “non ho avuto un soldo, solo guai”. Oltre al procedimento in corso per truffa aggravata a Cuneo, infatti, ce ne sono uno ad Asti e uno a Milano, dove l’imputato assicura di non essere mai stato. Per lui, ritrovatosi per giunta sfrattato di casa e con un genitore ammalato a carico, davvero un epilogo amaro: “Con me sono stati gentili, non pensavo di finire in questo guaio”.
Il prossimo 15 luglio è attesa la sentenza del tribunale.