Ha origine dal dissequestro di un furgone la vicenda che ha portato a processo per falso ideologico il maresciallo A.M., comandante del Nucleo Operativo Radiomobile dei carabinieri di Fossano.
Secondo la Procura il maresciallo avrebbe autorizzato due sottoposti a restituire un veicolo in sequestro al suo proprietario, titolare di una ditta di trasporti a Rivalta di Torino, in assenza di un’autorizzazione del magistrato. I fatti risalgono al marzo del 2019, quando durante un normale controllo una pattuglia dell’Arma aveva fermato il furgone con due persone a bordo: era emerso che su quel veicolo era pendente una denuncia per appropriazione indebita, quindi i militari l’avevano sottoposto a sequestro e avevano accompagnato in caserma il guidatore e il passeggero. Qui era sopraggiunto il proprietario, per chiarire la sua posizione. L’uomo aveva spiegato che a presentare denuncia era stata la sua ex moglie ed ex socia dell’azienda, ma in seguito lei aveva ceduto le proprie quote e rinunciato all’azione legale.
La donna, raggiunta al telefono dai carabinieri, aveva confermato questa versione e si era detta stupita che la denuncia non fosse ancora stata archiviata. Sui fatti successivi si è espresso nell’ultima udienza il maresciallo A.M.: il comandante del NORM ha ammesso di aver lasciato la propria casella postale a disposizione dei sottoposti e di essersi allontanato nel primo pomeriggio. Nega però di aver mai detto ai due colleghi, un brigadiere e un appuntato dello stesso nucleo, di procedere al dissequestro qualora il pubblico ministero non si fosse espresso in tal senso entro il pomeriggio. “Gli avevo detto di aspettare l’ordinanza di dissequestro - ha raccontato al giudice - e solo dopo consegnare il verbale. Il giorno seguente sono tornato in ufficio ma non ho più incontrato i colleghi, supponevo che non ci fossero stati problemi perché nessuno mi aveva chiamato. Soltanto più tardi, durante le ferie, ho appreso che la Procura chiedeva notizie di un verbale di cui non ero a conoscenza”.
La sua versione però non convince il procuratore capo Onelio Dodero, il quale ha richiamato le dichiarazioni rese dai sottoposti nell’incidente probatorio. I due hanno patteggiato una condanna per la stessa vicenda e hanno attribuito al loro superiore l’ordine di dissequestrare il mezzo. Per poter procedere in tal senso avevano anche invitato il proprietario del furgone a saldare le spese di deposito presso un altro ufficio. “Non c’è incuria, ma dolo generico” ha argomentato il pubblico ministero, chiedendo per A.M., in servizio nell’Arma da 23 anni, la pena di un anno e sei mesi.
“Nessuno nega ci siano stati errori di gestione e valutazione in questa vicenda, ma ci sono riscontri istruttori che rendono credibile la versione data dal maresciallo” ha sostenuto l’avvocato Davide Calvi, difensore del militare. “Il comandante - ha sottolineato - è venuto a conoscenza del verbale solo il giorno dopo. Avrebbe dovuto controllare? Probabilmente sì, ma nessuno lo ha chiamato per fargli presente che il decreto non stava arrivando e chiedere ulteriori istruzioni”.
La decisione finale del giudice è prevista per il prossimo 13 novembre.