Finire a processo a 82 anni per la denuncia di una vicina. È ciò che è capitato a un’anziana signora la cui convivenza forzata con un’altra famiglia, in una palazzina della periferia di Fossano, avrebbe assunto aspetti talmente esasperanti da motivare una querela per stalking.
Così G.B., classe 1939, si è trovata a rispondere di una serie di fatti avvenuti nel periodo in cui risiedeva nell’abitazione bifamiliare che ha lasciato solo pochi mesi fa. Qui, nel 2014, erano andati ad abitare anche l’autrice della denuncia e la sua famiglia. Un rapporto all’inizio civilissimo, quello con la proprietaria dell’altro alloggio: “Era gentile, saliva per offrirci il caffè o a guardare i bambini. Col tempo però la sua presenza ha cominciato a diventare invadente”. Una mattina, ha raccontato la donna al giudice, aveva sentito suonare il campanello verso le sette: “Non mi sono alzata per rispondere. Dopo una mezzora ho sentito un rumore di passi dentro casa: uscendo in corridoio mi sono trovata davanti G.B., che si è giustificata dicendo ‘ho suonato e non mi hai risposto, volevo vedere se dormivate’”.
Il tentativo di porre un freno all’anziana, a quanto racconta la parte offesa, sarebbe all’origine della successiva escalation: “Lanciava i vasi dal terrazzo contro i miei figli e li minacciava con il rastrello. Continuava a dire che quella non era casa nostra ma sua e che dovevamo andarcene. In più molestava le persone che venivano a cena chiedendogli i documenti, oppure andava a casa dei miei suoceri. Al fidanzato di mia figlia ha chiesto il numero di telefono e dopo poco l’ha dovuta bloccare, perché gli lasciava decine di messaggi audio ogni giorno”. Impossibile, ha aggiunto, contare su un intervento della famiglia di lei: “Le figlie ci dicevano ‘la mamma è sempre stata così’. C’era un dialogo con il nipote, dal quale avevamo preso l’alloggio. Poi ho capito che se n’era andato proprio a causa della sua invadenza”.
Le difficoltà maggiori derivavano dal fatto che la signora avrebbe più volte sprangato la porta comune dell’abitazione con assi di legno o chiavistelli: “Ne avrà messi una sessantina, ogni volta li toglievamo e trovavamo lucchetti dappertutto. I carabinieri saranno intervenuti almeno una trentina di volte”. Con la figlia maggiore della vicina G.B. avrebbe mantenuto un rapporto civile, non così con gli altri ragazzi: “A uno di loro ha sputato in faccia più volte, insultandolo. In un’occasione lo ha buttato a terra”. Tutto ciò si sarebbe protratto per sette anni, finché G.B. si è trasferita: “È andata via a fine maggio di quest’anno e nonostante ciò ha continuato a presentarsi facendo il giro della casa e mettendo altri lucchetti. Ci ha denunciati all’ufficio veterinario e all’Arpa solo per crearci problemi”. Anche la figlia della denunciante, oggi 22enne, riferisce di essere stata oggetto di “attenzioni” davvero troppo pressanti: “Mi chiamava in continuazione e l’ho anche bloccata, ma ha cominciato a chiamare il mio fidanzato o a presentarsi presso il mio posto di lavoro. Cercava di espormi le sue ragioni nei litigi con mia madre”.
La dottoressa Maria Elena Morsucci, responsabile del centro di salute mentale di Mondovì e Ceva, ha acquisito la documentazione psichiatrica su G.B.: “Ci sono indizi di un disturbo di personalità paranoide, sulla base degli atteggiamenti reiterati anche nei confronti di chi abitava lì in precedenza. Di certo ha vissuto l’allontanamento delle figlie come un abbandono”. Il prossimo 18 gennaio si conoscerà l’esito della perizia disposta dal giudice per accertare la capacità dell’imputata di stare in giudizio.