“Non l’ho mai picchiata, ingiuriarla era il minimo che potevo fare”: così si è giustificato C.G., ex agricoltore di Bene Vagienna, denunciato dall’ex moglie per maltrattamenti avvenuti nel periodo in cui i due convivevano. Un lungo elenco di accuse, quello a carico dell’imputato classe 1972, nel quale figuravano anche tre diverse violazioni di domicilio nel periodo successivo alla separazione, minacce, omesso versamento degli assegni di mantenimento e perfino spendita di denaro falso.
Tra i testimoni sfilati di fronte al giudice Alice Di Maio c’è la psicologa che seguì la donna per alcuni mesi quando il matrimonio era già in crisi: lei era stata la prima a consigliarle di cambiare vita e rifugiarsi in una casa famiglia insieme alle figlie. Un suggerimento che la signora era stata riluttante ad accettare, in un primo tempo, ma che si era risolta a seguire quando la situazione si era fatta insostenibile. Nella denuncia ha parlato di tradimenti e violenze da parte del marito - in un’occasione anche con un bastone, dei suoi problemi con l’alcol, delle offese continue. Anche la ex cognata menzionato insulti e percosse che occasionalmente aveva subito a sua volta, ragion per cui si è poi costituita come parte civile insieme alla sorella.
A detta del legale delle due donne, l’avvocato Marco Andrighetti, l’uomo
“viveva e lasciava vivere la famiglia in una specie di discarica a cielo aperto, ripulita solo su ordine delle autorità competenti”. Alla base del suo stesso rifiuto ad acconsentire alla separazione ci sarebbe stato
“un autentico disegno criminoso”, sostiene il patrono di parte civile:
“Voleva poter utilizzare i soldi dell’eredità dei suoi genitori lasciata alle figlie, pur non intestandosela personalmente perché gliel’avrebbero presa i creditori. Era interessato solo ai soldi, tanto che una volta fuori casa non provvede più ai pagamenti”. La questione dei mancati versamenti, non sarebbe dipesa da un’impossibilità materiale a pagare:
“Possedeva diversi terreni e in seguito alle varie ingiunzioni ha provveduto nel giro di breve tempo al saldo degli arretrati”. Tuttavia, l’imputato si sarebbe opposto fino all’ultimo a versare denaro per il mantenimento:
“Alla ex diede anche dieci banconote da venti euro false, lei se ne accorse solo al supermercato quando andò a pagare”. Per lo stesso reato, nel febbraio dello scorso anno,
l’ex agricoltore era stato condannato a due anni e otto mesi in primo grado.
Questa volta il pubblico ministero Gianluigi Datta aveva chiesto la pena di tre anni di reclusione. Richiesta a cui si è opposta l’avvocato difensore Luisa Marabotto sostenendo che nell’istruttoria fossero stati portati “tanti documenti utili alla causa di separazione, ma non a provare che ci fossero maltrattamenti”. Il legale di C.G. ha ricordato come ai carabinieri, pur raccontando di aver subito insulti, sputi e spintoni, la ex moglie dell’imputato e sua sorella avessero denunciato solo la violazione di domicilio: “La prima querela arriva in occasione della prima udienza di separazione, nel maggio 2017. Quanto alle percosse, la signora non si è mai rivolta al pronto soccorso o al proprio medico”. Non c’è prova, ha aggiunto l’avvocato, nemmeno che il denaro falso fosse quello che lui aveva dato alla ex moglie.
Il giudice ha ritenuto provate tutte le accuse a carico del 50enne, condannandolo a una pena più alta di quella richiesta dall’accusa: tre anni e cinque mesi, più un risarcimento e una provvisionale quantificata in 7mila euro per la sua ex e in 500 euro per la di lei sorella.