Non fu una “strage comune”, bensì “politica”, l’attentato alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano rivendicato nel 2006 dalla Federazione Anarchica Informale.
A stabilirlo sono i giudici della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, in accoglimento al ricorso presentato dalla Procura generale di Torino. La differenza non è solo formale perché in base alla nuova qualificazione del reato i due autori materiali dell’attentato, gli anarchici torinesi Alfredo Cospito e Anna Beniamino, dovranno essere riprocessati in appello: condannati a 20 e 16 anni e 6 mesi di carcere rispettivamente, ora rischiano l’ergastolo.
Nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006 due ordigni esplosero nei pressi della Scuola Allievi Carabinieri, all’epoca ospitata nella caserma Dalla Chiesa di Fossano (sarebbe poi stata chiusa nel 2013). Le bombe furono posizionate sfruttando la cosiddetta “tecnica del richiamo”: una prima esplosione di più modesta entità, allo scopo di richiamare sul posto più persone possibile, seguita da una seconda più devastante. In questo caso la prima detonazione era avvenuta intorno alle 3 di notte, in un contenitore per la raccolta del vetro collocato sul marciapiede di fronte alla caserma. La seconda mezz’ora dopo, “lasso di tempo - avevano scritto i giudici di appello - che sarebbe stato più che sufficiente ad assicurare la presenza sul posto di personale incaricato dei primi rilievi”. Quell’esplosione, a differenza di altri attentati rivendicati dalla FAI, aveva quindi un intento stragista e non aveva cagionato vittime “solo per una mera casualità”.
Nel volantino di rivendicazione, gli anarchici scrivevano: “Abbiamo colpito la scuola allievi di Fossano per fargli capire, già da piccoli, quale ammirazione sollevi la loro criminale carriera tra noi sfruttati” e poi “amiamo distribuire ‘petardi’ sul loro percorso perché 10, 100, 1000 Nassirya non sia solo uno slogan urlato, ma una realtà non solo nel lontano oriente ma nelle nostre città e nelle nostre valli”. Entrambi gli ordigni, a detta dei periti, avrebbero potuto uccidere, ma il secondo in particolare presentava “notevolissima potenzialità offensiva” e aveva provocato “una micidiale ‘mitragliata’ di schegge e detriti” sulla facciata del Reparto d’Istruzione della caserma. La Corte d’Assise d’Appello tuttavia aveva escluso la natura “politica” dell’attentato, perché lo riteneva non idoneo a ledere la sicurezza dello Stato. Un punto su cui i giudici di Cassazione si sono mostrati in disaccordo, ritenendo in particolare che le bombe mirassero a influenzare le scelte governative in materia di immigrazione per quanto riguarda la gestione dei Cpt (Centri di Permanenza Temporanea). Significativa su questo punto anche la scelta della data, tra il 2 e il 3 giugno, ovvero a cavallo tra la nascita della “infame repubblica italiana” e “l’altrettanto infame anniversario dell’arma dei carabinieri”, come avrebbero spiegato gli autori della rivendicazione.
Le bombe di Fossano si inscrivono in una lunga scia di attentati perpetrati in quegli anni dalle cellule anarco-insurrezionaliste della Federazione Anarchica Informale. Già l’anno precedente la formazione si era segnalata per aver piazzato un ordigno nei pressi della sede del RIS di Parma e per l’invio di un plico esplosivo all’allora sindaco di Bologna Sergio Cofferati. Nel luglio dello stesso 2006 sarebbero stati spediti altri pacchi bomba al sindaco di Torino Sergio Chiamparino e al direttore di CronacaQui Beppe Fossati (ferito al volto), mentre nel 2007 vennero fatte scoppiare tre bombe rudimentali nell’area pedonale del quartiere Crocetta a Torino. L’azione più clamorosa degli anarchici informali sarebbe stata messa a segno nel 2012 con la gambizzazione del manager di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, decisa in conseguenza del disastro di Fukushima e rivendicata dal Nucleo Olga della Fai-Fri.
Il processo “Scripta Manent”, nel quale sono confluite anche le indagini sui fatti di Fossano, ha portato a cinque condanne e 18 assoluzioni in primo grado, poi a 14 sentenze di condanna in appello. In entrambi i gradi di giudizio sono stati ritenuti colpevoli Alfredo Cospito, nato nel 1967 a Pescara, e la compagna Anna Beniamino, classe 1970, originaria di Bordighera. I due, residenti a Torino dove lei gestiva un negozio di tatuaggi nel quartiere San Salvario, sono considerati i principali referenti della “rete del terrore”. Già in primo grado era stata sancita l’esistenza della Fai-Fri come associazione terroristica e non solo come gruppo informale, ma era caduta l’accusa di istigazione a delinquere contestata a un più ampio gruppo di attivisti e collaboratori della rivista Croce Nera Anarchica-Nuova Edizione e del suo sito web.