Doveva rispondere di violazione degli obblighi di assistenza familiare e minaccia il fossanese processato a Cuneo la scorsa settimana, dopo la denuncia della ex moglie.
“Fino al 2020 sono arrivati appena 300 euro, i versamenti regolari sono iniziati a gennaio dello scorso anno” ha lamentato l’autrice della querela, costituita come parte civile contro il suo ex marito. All’accusato si contestava in particolare il mancato versamento delle spese straordinarie per la cura del figlio, un bambino autistico e bisognoso di particolari terapie. La situazione, ha aggiunto la madre, è aggravata dalle sue condizioni lavorative: “Io ero operaia, ho fatto lavori stagionali ma ora sono disoccupata. Il mio ex compagno invece ha un contratto fisso”.
Quanto alla presunta minaccia, risalente a maggio di due anni fa, la donna ha affermato: “Quel giorno ero andata a prendere il bambino a casa sua, lui mi ha fatto presente che era poco gestibile in mia assenza e io ho replicato che dovevo lavorare perché non versava il mantenimento. Ne è nata una discussione, quando è tornato in casa, da dietro la vetrata, ha fatto il segno di tagliarmi la gola”. Insieme a lei era presente un amico. Quest’ultimo ha ammesso di aver sentito la discussione, senza però percepire nulla. Dal canto suo, l’imputato ha riconosciuto di aver mancato agli impegni di mantenimento, ma ha precisato: “È successo spesso che dessi alla mia ex compagna soldi in contanti, certo non quanto avrei dovuto. Ho avuto anche io momenti di difficoltà e non sempre sono riuscito ad aiutare”.
La giustificazione non ha convinto il pubblico ministero Raffaele Delpui, per il quale “l’omissione abbraccia tutto l’arco temporale e assume particolare spiacevolezza per la situazione che riguarda il minore, bisognoso di cure specialistiche non differibili”. Pur ammettendo la possibile esistenza di sporadici versamenti in contanti, non sarebbe mutata la valutazione di contesto. Per questo l’accusa aveva chiesto la condanna alla pena di sei mesi e 300 euro di multa. L’avvocato Clara Dompè, per la parte civile, si è associata: la signora, ha ricordato il legale, “ha difficoltà a trovare lavoro per problemi di salute documentati, ma soprattutto perché deve occuparsi del figlio e non può fare affidamento su altri familiari”. I 5.761 euro di risarcimento richiesti erano pari alla metà delle spese straordinarie documentate, anche quelle non coperte dall’imputato nemmeno dopo il pignoramento di parte dello stipendio.
Per l’avvocato Mauro Cristofori, difensore dell’avvocato, mancava tuttavia una specifica volontà di far mancare i mezzi di sussistenza alla famiglia: “L’imputato percepisce meno di 800 euro al mese, con l’assegno da versare gli resta meno della pensione sociale. Tanto è vero che non ha potuto mantenere una residenza autonoma con la sua compagna attuale, appoggiandosi ai genitori di lei o alla madre”. Il merito alle minacce, ha aggiunto, “si è parlato solo di un gesto da lontano, non confermato da un teste amico”.
Il giudice Sandro Cavallo ha infine condannato l’imputato a tre mesi di reclusione con il beneficio della sospensione e 300 euro di multa, più un risarcimento di 6mila euro alla ex moglie esecutivo in via provvisoria. Limitatamente alla minaccia, il fossanese è stato assolto perché il fatto non sussiste.