È caduta anche l’ultima imputazione, dopo il giudizio in appello, tra quelle che erano state formulate a carico di Maria Pia Mondino, ex amministratrice della casa di riposo “Ida Pejrone” di Sant’Albano Stura. La dirigente era finita a processo nel 2018 per truffa aggravata, calunnia e falso in scrittura privata.
La Procura sosteneva che avesse intascato uno stipendio superiore a quello previsto dal consiglio di amministrazione dell’ente. In particolare, secondo le accuse, avrebbe fatto figurare di lavorare al 100 per cento dell’orario previsto dal contratto collettivo nazionale, quando all’epoca della sua assunzione era stato concordato invece un part-time all’80%. All’indomani delle contestazioni mossele dal CdA, nel febbraio 2015, Mondino aveva rassegnato le dimissioni.
A suo carico pesavano però anche altre imputazioni, come la presunta falsificazione di una delibera, datata luglio 2009, nella quale si sarebbe sancito il passaggio di livello contrattuale. L’indebita sottrazione dalle casse della residenza era stata quantificata in quasi 25mila euro. Una verifica dei costi di gestione avviata cinque anni dopo avrebbe portato alla denuncia delle supposte irregolarità. L’ulteriore accusa di calunnia era stata formulata a seguito di una querela promossa da Mondino nei confronti degli amministratori, indagati e poi prosciolti.
All’ex amministratrice il direttivo della “Ida Pejrone” aveva proposto di comporre il dissidio restituendo i 24mila euro che si ritenevano indebitamente percepiti. Per questo aveva sottoscritto un documento, gesto che, secondo il suo difensore, si spiegava con il mero timore della denuncia. L’Ipab si era in seguito costituito parte civile nel processo, assistito dall’avvocato Nicola Dottore. In primo grado il procedimento si era chiuso con un’assoluzione dalle accuse più gravi, la truffa e la calunnia. Per il solo falso la donna era stata condannata a otto mesi di reclusione con pena sospesa, più il pagamento di 7500 euro in favore dell’istituto. In appello è venuta a cadere anche questa residua ipotesi: “La mia cliente ha dimostrato sia innanzi al Tribunale di Cuneo, sia innanzi alla Corte d’Appello di Torino di essere stata un’amministratrice onesta e oculata, e di aver sempre operato con dignità e onore per il bene della casa di riposo. Sono molto soddisfatto” ha commentato l’avvocato difensore Pier Mario Morra.
L’allora sindaco di Sant’Albano, Donatella Operti, durante il suo mandato aveva chiesto chiarimenti al presidente del Cda, prima che fosse formalizzata la denuncia: “Mi disse che quello stipendio era normale e giustificato perché lei faceva molto per la casa di riposo”. “Quello che guadagnavo era ufficiale, erano gli amministratori a firmare i mandati di pagamento e le buste paga” aveva detto l’imputata in occasione del primo processo: “In casa di riposo mi occupavo di tutto, dai bilanci al decespugliatore”.