FOSSANO - “Siete fascisti” e scatta la rissa: tre giovani fossanesi a processo

All’origine della zuffa ci sarebbe l’attività di uno dei ragazzi nella consulta giovanile: “Accusa grave, non ho mai aderito a ideologie totalitarie” replica lui

Andrea Cascioli 12/06/2024 16:50

Ci sarebbe un movente collegato alla politica - ma forse anche ai fumi dell’alcol - all’origine della rissa per cui tre giovani di Fossano sono ora a processo. I fatti, avvenuti nel pieno centro cittadino, risalgono a una sera di settembre di tre anni fa: S.B. e i suoi coimputati, D.C. e P.C., concordano nell’individuare la “scintilla” in uno scambio di battute per strada.
 
“Era il compleanno di una mia amica, siamo andati in un bar di via Roma. Verso mezzanotte mi sono allontanato per fare una passeggiata da solo” ha ricordato S.B., ammettendo di essere stato “alterato” in quel momento. In via San Giovanni Bosco, l’incontro con i due coetanei: “Li conoscevo di vista, ma non troppo bene. Ci siamo guardati male, io mi sono avvicinato e ho detto a D.C. che mi sembravano due fascistelli. In quel momento mi è arrivato un pugno in faccia da P.C., mi sono rialzato e sono stato colpito di nuovo”. L’aggressione, aggiunge il giovane, sarebbe stata condotta da entrambi con calci e pugni, anche mentre lui era già a terra. Una volta terminata, S.B. aveva raggiunto il gruppo di amici nella vicina via Roma. L’imputato ha precisato di non svolgere attività politica e di non aver colpito per primo: in ospedale gli erano state refertate la rottura del naso e ferite guaribili in trenta giorni.
 
Opposta la versione offerta da D.C., a parte la dinamica iniziale: “Ero uscito da un locale insieme al mio amico P.C., ho incontrato un ragazzo sconosciuto che mi ha indicato dicendo: ‘Tu sei quello della consulta? Ti ammazzo, sei un fascista di m…’. Alludeva alla mia partecipazione alla consulta dei giovani di Fossano, dove mi sono occupato di attività culturali, senza mai incontrarlo”. L’accusato sottolinea a sua volta di aver ritenuto “particolarmente grave l’accusa di fascismo, perché non ho mai aderito a ideologie totalitarie”. Quanto allo svolgimento dei fatti, nella sua ricostruzione sarebbe stato S.B. ad aggredire fisicamente, dopo aver telefonato a non meglio precisati amici dicendo “venite che lo ammazziamo”: “P.C. camminava più avanti, in compagnia di una ragazza. Avvertito dalle urla, è tornato indietro e ha chiesto cosa stesse succedendo. Abbiamo fatto un tentativo di allontanarci, ma l’altro ha afferrato il mio amico per la cravatta e ha cercato di colpirlo con un pugno: io l’ho spinto e c’è stata una colluttazione”.
 
Il giovane afferma di essersi preoccupato, in particolare, perché il presunto aggressore aveva dato ad intendere che fosse imminente l’arrivo dei suoi amici: “Non ne conoscevamo né il numero né le intenzioni, perciò ci siamo allontanati dalla zona, intimoriti”. S.B., aggiunge il coimputato, era a terra con le mani sul volto: “Non ho visto sangue, ma continuava a minacciarci di morte”. Una volta allontanatisi dal luogo della zuffa, i due giovani avevano allertato i carabinieri, sopraggiunti poco dopo: “Io avevo bevuto solo due birre, quella sera. L’altro ragazzo, invece, era visibilmente alterato”. Anche D.C. si era recato nei giorni successivi al pronto soccorso, a Cuneo e poi a Savigliano, accusando dolori alla gamba.
 
Il prossimo 17 gennaio è prevista l’audizione del terzo coimputato, P.C., e di svariati testimoni.

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