Aveva lasciato l’alloggio e raccomandato a un amico di accudire il suo cane, ma a causa di una bravata si è ritrovato a processo per violazione della normativa sulle armi. S.F., residente a Fossano, è stato denunciato dai carabinieri nel giugno del 2021, dopo un intervento in casa sua.
Ad avvisare i militari era stato un vicino che aveva udito un rumore di spari. Il testimone aveva anche indicato il balcone di via San Michele da cui aveva visto affacciarsi, pochi minuti prima, due ragazzi con in mano un’arma. La pattuglia si era allora presentata alla porta di quell’appartamento: “Ci ha aperto un ragazzo che conosciamo per ragioni di polizia. C’erano anche altri tre giovani, tutti minorenni” ha spiegato in aula il brigadiere capo Antonio Landolfo. Da subito il ragazzo aveva negato che vi fossero armi in casa, ma poi, una volta iniziata la perquisizione, aveva consegnato lui stesso la pistola: “Ha affermato di non averla usata, precisando però che il suo amico gli aveva detto dove si trovasse. È risultata essere una scacciacani: era una pistola a tamburo con il tappo rosso, che presentava scalfiture. Si sentiva ancora l’odore di polvere da sparo, ma non abbiamo rinvenuto bossoli”.
Proprio la presenza di queste scalfiture avrebbe indotto la Procura a chiederne il sequestro, per verificare se l’arma fosse stata modificata in modo da renderla funzionante: la perizia, eseguita da un armaiolo, avrebbe confermato che non c’erano state manomissioni. Si trattava quindi, come ha precisato il brigadiere capo, di un’arma di libera vendita, per la cui custodia non erano previste particolari cautele.
Ciononostante il proprietario si è ritrovato a processo, al termine del quale il pubblico ministero Alessandro Borgotallo ha chiesto per lui l’assoluzione: “Dagli atti d’indagine - ha premesso - poteva apparire che questa fosse in effetti un’arma. Esistono pistole scacciacani che sono in grado di proiettare l’ogiva e sono perciò assimilate alle armi, ma non è il caso dell’oggetto in sequestro”. Il difensore, avvocato Antonio Tripodi, ha precisato che non vi erano comunque state omissioni da parte dell’accusato: “Nell’abitazione non vivevano minori e il ragazzo era lì per un motivo contingente”. All’esito dell’istruttoria, il giudice Emanuela Dufour ha assolto il fossanese perché il fatto non sussiste.