In aula ha raccontato di aver perso il lavoro e perfino la possibilità di vivere con i suoi figli, nati da una precedente unione, a causa della persecuzione a cui era sottoposta dal suo ex. Vittima una madre fossanese, che ha denunciato per atti persecutori l’uomo con cui aveva intrapreso una relazione per alcuni mesi.
A carico di lui, pregiudicato per lesioni, c’era anche un’imputazione per revenge porn, con l’accusa di aver diffuso due video intimi inviati da lei dopo la fine della storia. I destinatari erano il padre e la suocera della donna: “Ho trovato un video di lei su un sito d’incontri e sapevo che loro erano arrabbiati con me. Volevo sapessero quale lavoro fa la figlia” ha spiegato a sua volta l’imputato. I due si erano conosciuti su Facebook nella primavera del 2021: “All’inizio era stupendo, - ha detto la donna - fino a quando è venuto a stare con noi. La sua gelosia è divenuta ossessiva, soffocante”. Sul suo telefono, ha spiegato, lui aveva copiato tutti i contatti per poi cancellarli, lasciando solo i numeri dei familiari: “Ha cambiato le password dei miei profili in Facebook e Instagram, diceva che li usavo per fare sesso a pagamento. Quando accompagnavo i miei figli a scuola mi accusava di parlare con i padri degli altri alunni. Era aggressivo, per due volte mi ha anche picchiata”. Se la coppia cenava fuori o passeggiava, ha aggiunto, “non potevo alzare lo sguardo o incrociarlo con quello di altri uomini. Una volta mi insultò perché avevo guardato un ragazzo in un bar molto affollato, un’altra volta perché mi ero fermata a parlare con il mio dentista, incontrato per caso dal benzinaio. Lui mi aveva seguito sulla sua auto, si arrabbiò tantissimo”.
Oltre a lei e ai familiari stretti anche altre persone, del tutto sconosciute, avevano dovuto fare le spese di quel crescendo di tensione. Un uomo ha raccontato di aver incrociato l’imputato una sera, fuori dalla sua officina e di essere stato invitato a “lasciar stare” una ragazza che nemmeno conosceva. Dopo un primo intervento dei carabinieri a casa della donna, la storia si era protratta tra alti e bassi ancora per qualche mese: “Mi ha costretta a cambiare due volte il numero di telefono. Mi chiamava anche 200 volte al giorno, per tutta la notte: i messaggi passavano da toni dolci e frasi come ‘sei l’amore della mia vita’ ad altri pieni di insulti. Mi sono dovuta licenziare, perché dopo averlo trovato più volte sul posto avevo paura ad andare al lavoro”. Alla fine erano arrivate la denuncia e la separazione tra la madre, trasferitasi in una casa protetta, e i suoi figli.
“Ho cercato di contattarla per fare pace, ma nient’altro” ha replicato l’accusato, sostenendo che gli eccessi di gelosia fossero reciproci: “Lei riceveva molte chiamate da uomini, i litigi nascevano da questo”. Il sostituto procuratore Francesco Lucadello aveva chiesto per lui la condanna a due anni e tre mesi: “La persona offesa ha dato prova di essere in grado di discernere le condotte, senza deformarle o enfatizzarle. La sua deposizione è avvalorata da elementi esterni, comprese le testimonianze dei familiari”. Quanto alla presunta “reciprocità” delle telefonate, ha aggiunto il pm, “i tabulati e le risultanze informatiche ci parlano di ben altra realtà rispetto a quella descritta dall’imputato”. Per l’avvocato Tiziana Marraffa, patrono di parte civile, “la conseguenza più grave non è solo che la signora abbia dovuto licenziarsi e trovare un’altra attività lavorativa, ma il fatto di aver dovuto rinunciare a tenere con sé i propri figli”. L’avvocato Carlo Amadini ha sostenuto le ragioni della difesa, evidenziando in particolare i trascorsi personali della persona offesa, già vittima di stalking da parte dell’ex marito: “Ha enfatizzato perché vittima di una situazione passata che non voleva rivivere. Siamo di fronte a una relazione patologica, ma da entrambe le parti: le telefonate erano reciproche. Lei dice tra l’altro di essere stata picchiata per due volte in modo pesante ma non esiste certificazione alcuna né conferme dai parenti”.
All’esito dell’istruttoria il giudice Sandro Cavallo ha condannato l’uomo a un anno e sei mesi di reclusione per la sola accusa di atti persecutori, più 5mila euro di provvisionale e un risarcimento da quantificare in separata sede. In merito all’altra imputazione, relativa alla diffusione dei video intimi, è stato dichiarato non doversi procedere per mancanza di querela.