FOSSANO - Viadotto di Fossano, il giudice: “Il difetto di impermeabilizzazione non era imprevedibile”

I controlli non avrebbero scongiurato il crollo, si legge nelle motivazioni. Negligenze anche nei lavori del 2006, ma un errore della Procura “salva” gli imputati

Andrea Cascioli 18/01/2025 16:00

Nessun mistero attorno alle cause del crollo del viadotto “La Reale” di Fossano, solo l’unione di “due concause determinanti, nessuna delle quali capace di causare da sola l’evento” che si verificò, per fortuna senza vittime, lungo la Statale 231 nel primo pomeriggio del 18 aprile 2017.
 
Queste concause sono quelle di cui tutti i periti, di accusa e di difesa, hanno parlato nel corso dell’istruttoria: in primis c’è il famigerato errore nell’iniezione della boiacca, il “peccato originale”. Poi i difetti di impermeabilizzazione dell’opera “originari e sopravvenuti”, cioè sia i problemi risalenti alla costruzione che quelli imputabili alla sostituzione dei giunti, operata nel 2006. “Può ritenersi con certezza - scrive il giudice Giovanni Mocci nelle motivazioni della sentenza - che la prima causa, sotto il profilo strutturale, sia stata l’assenza di ostacoli all’ingresso dell’acqua nell’impalcato”, circostanza agevolata “da un’errata impermeabilizzazione, aggravata dai lavori di sostituzione del giunto nel 2006” e in fase successiva facilitata “dalla mancata sigillatura dei tubi di sfiato dovuta all’insufficiente o mancante iniezione di boiacca”.
 
La boiacca, una miscela di cemento e calce, avrebbe dovuto coprire i cavi di precompressione sui tre diversi conci che componevano il ponte. Il magistrato smentisce l’ipotesi che l’operazione di iniezione delle guaine - “fondamentale per proteggere i cavi dalla corrosione”, si fa notare - fosse una procedura di scarso rilievo. Allo stesso modo, “non poteva certo considerarsi evento inaspettato ed eccezionale quello rappresentato dal difetto di impermeabilizzazione, né tanto meno tale evento poteva ritenersi di rarissima e imprevedibile verificazione”.
 
Si è discusso molto riguardo al ruolo dei controllori dell’Anas. L’ente stradale ha visto condannare solo uno dei sei imputati che erano alle sue dipendenze: si tratta dell’ingegner Angelo Adamo, direttore dei lavori all’epoca della costruzione, nei primi anni Novanta. Gli omessi controlli successivi, in particolare fra il 2010 e il crollo, “nel caso concreto non hanno influito causalmente sull’evento”. Vero è che venne fatto poco o nulla in termini ispettivi. Tuttavia, annota il giudice, “se anche fosse stata eseguita la condotta doverosa, l’evento si sarebbe comunque verificato”. Lo prova il fatto che il concio A, quello sgretolatosi, era privo delle efflorescenze che invece si potevano ben individuare sulle altre parti del ponte. Nemmeno eventuali esami approfonditi, che peraltro avrebbero richiesto di distruggere una parte dell’opera, sarebbero serviti ad individuare il difetto di costruzione e le infiltrazioni.
 
La posizione dei due imputati della Pel.Car., l’azienda campana a cui furono appaltate le ristrutturazioni nel 2006, è ancora differente. Il giudice conclude che quei lavori furono “realizzati senza dubbio in modo negligente e imperito, nonché in violazione delle norme tecniche per le costruzioni”. Il problema è che i responsabili della ditta e l’allora direttore del centro manutentorio Anas non furono avvisati per tempo degli accertamenti irripetibili che la Procura stava conducendo. Un errore degli inquirenti è ciò che in sostanza ha “graziato” gli indagati dalla sentenza di condanna.
 
Quattro - sui dodici portati alla sbarra - sono i responsabili del disastro, secondo il verdetto di primo grado. Oltre al già citato Adamo - reo soprattutto di non aver segnalato all’Anas “l’impossibilità di governare in autonomia tutte le operazioni” - ci sono il responsabile di cantiere Massimo Croce e il capocantiere Mauro Tutinelli, - “i soggetti di fatto responsabili, per conto di Itinera, di tutte le operazioni di cantiere” - e il geometra Roger Rossi, incaricato dalla Ingegner Franco spa di sovrintendere all’iniezione della boiacca. A quest’ultimo si riconosce “apprezzabile onestà intellettuale” nell’aver confermato il suo ruolo in un’operazione che “aveva delle implicazioni determinanti per la resistenza strutturale dell’opera”.
 
Lavori eseguiti male e controllati peggio, costati milioni a Pantalone sia per la ricostruzione che per le spese affrontate nel frattempo. La Provincia di Cuneo è l’unica fra le tre parti civili costituite (le altre sono il ministero delle Infrastrutture e l’Anas) a cui il giudice abbia riconosciuto una provvisionale subito esecutiva di 500mila euro: l’ente aveva dimostrato di averne spesi già 400mila per la manutenzione stradale a seguito della chiusura della 231, che ha comportato la deviazione di 500 camion al giorno sulle strade provinciali. Con le ulteriori ripavimentazioni, la somma dovrebbe superare il milione.

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