“Non è successo niente che non volessimo entrambi”: a dirlo è un uomo di 38 anni che si trova a rispondere di una presunta violenza sessuale, denunciata due estati fa da una ragazza all’epoca 17enne.
La giovane ha dichiarato di averlo conosciuto su Facebook, dove si presentava con una foto autentica ma sotto falso nome. Dall’amicizia virtuale sarebbe nata la richiesta di incontrarsi a Mondovì, dove lei si era trasferita da poco con la famiglia. Una volta conosciuto di persona il sedicente Andrea, quest’ultimo l’avrebbe condotta in una zona isolata del parco Europa tentando di abusare di lei.
In base al riconoscimento fotografico e ai video delle telecamere i carabinieri erano riusciti a identificare il presunto autore della violenza in uno straniero residente da lungo tempo nel Monregalese, classe 1983. La sua auto era stata vista allontanarsi da parco Europa e passare sotto il semaforo in corso Italia in orari compatibili con i fatti. Dall’analisi del cellulare del sospettato, sequestrato durante una perquisizione, erano poi emerse le credenziali del profilo-esca descritto dalla ragazza. L’autrice della denuncia ha consegnato gli screenshot delle sue conversazioni.
Di fronte ai giudici l’uomo ha ammesso di essere il titolare del profilo intestato a nome di un inesistente Andrea Rinaudo: “Lo usavo per integrarmi” ha spiegato. La dinamica dei fatti, però, sarebbe ben diversa da quella prospettata dalla parte offesa. I due si sarebbero dapprima conosciuti al parco e solo dopo avrebbero stretto amicizia sul social network: “Mentre tornavo a casa, tra le dieci e mezza e le undici di sera, sono passato da Mondovì e mi sono fermato a fumare una sigaretta nel parco” ha raccontato il 38enne. Qui sarebbe stato approcciato dalla ragazza, con la quale avrebbe iniziato una conversazione presentandosi come Andrea: “Non la conoscevo e sono un uomo sposato” si è giustificato a riguardo.
Dopo una passeggiata in un luogo più appartato i due si sarebbero scambiati effusioni per qualche minuto. Tutto questo, ha precisato lui, senza che avesse coscienza della vera età della giovane: “Mai saputo che fosse ancora minorenne, mi aveva detto di avere quasi diciannove anni”. Da lei sarebbe partita anche la richiesta di tenersi in contatto via Facebook: “Quando ci siamo salutati ha preso il mio telefono e si è inviata la richiesta di amicizia. Qualche giorno dopo le ho scritto dicendole che ero il ragazzo del parco, ma mi ha subito bloccato sul social”.
In fase di indagini gli inquirenti avevano inviato i vestiti indossati dalla ragazza al laboratorio di analisi forense del centro antidoping di Orbassano. Le analisi sui pantaloni, la camicetta e gli indumenti intimi hanno fornito riscontri solo parziali. Sul colletto della camicetta è stato rinvenuto materiale organico maschile che gli esperti forensi non sono riusciti a identificare perché troppo scarso: è stata esclusa comunque la compatibilità del Dna con quello del padre e del fratello della parte offesa.
Il processo è stato rinviato al 15 settembre per ascoltare la presunta vittima, sentita finora solo in incidente probatorio protetto.