Era stato solo il tempestivo intervento di una volante dei carabinieri di passaggio a evitare che l’incendio appiccato a una villetta a Pogliola, frazione di Mondovì, divorasse l’intera abitazione di un imprenditore egiziano da molti anni in Italia.
Nella serata del 5 novembre scorso i militari, di passaggio sulla statale, avevano notato le fiamme e tre figure che si aggiravano sotto i portici del villino. I tre erano fuggiti in auto, ma erano stati raggiunti dopo un breve inseguimento e arrestati. Si tratta di K.H., A.A. e A.I., cittadini egiziani, gli ultimi due dei quali sono ora a processo a Cuneo per incendio doloso in concorso. Il loro presunto complice K.H. ha invece patteggiato: secondo l’accusa sarebbe lui il vero ispiratore dell’attentato, che nasce dai dissapori attorno alla compravendita di una kebabberia a Mondovì.
Secondo la parte offesa, K.H. e il fratello avrebbero organizzato una finta vendita con un connazionale, utilizzato come prestanome: quest’ultimo però avrebbe a sua volta ceduto il locale a un altro gestore, venendo meno al tacito accordo e trasferendosi in Germania con il ricavato dell’operazione. I fratelli accusavano lui, titolare di una cooperativa di servizi e di un minimarket, di aver fatto da intermediario, incassando anche una certa somma sulla vendita. Il villino di Pogliola è in uso a uno dei due figli dell’imprenditore, ma al momento del rogo nessun membro della famiglia era in casa: le fiamme, domate in breve tempo dai Vigili del Fuoco, avevano causato solo pochi danni ai muri ma provocato una perdita di materiali quantificabile in circa 80mila euro. Il proprietario infatti conservava lì una serie di rotoli di lana di roccia incellophanati, utili per la sua attività professionale.
“La notte prima dell’incendio il fratello di K.H. mi aveva telefonato per minacciarmi” riferisce l’imprenditore, riportando frasi come “stai attento ai tuoi figli” o “tu hai preso il negozio, te la faccio pagare”. La stessa persona, dopo l’incendio e l’arresto del fratello, lo avrebbe inoltre atteso all’uscita del supermarket di cui il bersaglio dell’attentato è titolare minacciandolo con una pistola: i due fratelli, spiega la vittima, fanno parte di un clan familiare molto ampio, che a Torino gestisce alcuni banchi al mercato di Porta Palazzo e varie attività.
Contro i due imputati la parte offesa, assistita dall’avvocato Fabrizio Di Vito, si è costituita parte civile. Nel prossima udienza del 10 ottobre è prevista la discussione davanti al giudice Marcello Pisanu e la sentenza.