È solo l’ultimo episodio di una “guerra” di vicinato che va avanti da anni, dentro e fuori le aule giudiziarie, in una borgata di Villanova Mondovì. Questa volta L.M., classe 1958, si è visto condannare a Cuneo per lesioni, minacce e danneggiamento.
A suo carico c’è una precedente condanna irrevocabile per minaccia e una sentenza non definitiva sempre per minaccia e calunnia. Lo scorso anno, nello stesso tribunale, gli era stata inflitta una pena di due mesi: il vicino raccontava di essere stato inseguito da lui con una mazza da fabbro, mentre urlava minacce e ingiurie. Oggetto della disputa, a quanto si è appreso, è una divergenza di interpretazioni circa la validità di alcuni diritti di passaggio assicurati tramite accordo notarile.
Ma la questione non riguarda solo il 58enne che ha più volte querelato l’attuale imputato. Anche un’altra famiglia in borgata denuncia gravi problemi di convivenza con lui: la madre, una signora di 63 anni, ha riferito un episodio nel quale L.M. l’avrebbe colpita con un pugno. Lei lo aveva redarguito trovandolo intento ad aprire un tombino: “Suo fratello mi aveva chiesto di controllare che non lo facesse. Lui lo apriva per dispetto, per farlo gelare” ha precisato la donna. All’episodio ha assistito l’altro vicino, il quale ha raccontato di una precedente aggressione nello stesso 2020: “Ero in casa con la mia compagna e ho notato L.M. nella mia proprietà, andava avanti e indietro. Siccome avevo già subito danni agli alberi da frutta l’ho invitato ad andarsene, lui ha risposto con un gestaccio. Quando sono uscito mi ha ingiuriato e colpito con un pugno in faccia: cadendo mi ero anche fatto male al ginocchio”.
Il vicino ha lamentato inoltre i ripetuti danneggiamenti alle piante del suo vitigno, per i quali aveva già presentato due denunce contro ignoti. Un testimone, membro dell’altra famiglia residente in borgata, ha sostenuto di aver sorpreso L.M. in atteggiamento inequivocabile: “È entrato nel vitigno e l’ho visto avvicinarsi alle viti: era di spalle, ma faceva un movimento a scatto con un braccio. Più tardi il proprietario è rientrato e gli ho fatto presente quanto era successo, le viti erano in effetti state rotte”. Il fratello del teste, figlio della donna che ha riferito l’aggressione, ha raccontato a sua volta di una minaccia legata al possibile acquisto da parte sua di un’abitazione in zona: “Mi disse che se l’avessi comprata le avrebbe dato fuoco”.
Il pubblico ministero Gianluigi Datta aveva chiesto per l’imputato la condanna a dieci mesi di reclusione, supportato nelle sue conclusioni dall’avvocato Edmondo Chiavazza per la parte civile. Il difensore, l’avvocato Mario Vittorio Bruno, ha invece domandato l’assoluzione per tutte le accuse: “Che possa esserci stata una discussione con il vicino è fuori dubbio: può aver agitato le mani, ma non ha arrecato nessuna lesione. Quanto al danneggiamento, non si può affermare che le piantine fossero già rotte. La presunta minaccia rivolta all’altro vicino non ha sortito effetto, tant’è che lui la casa l’ha poi acquistata”. Dubbi anche riguardo alla versione della 63enne che denunciava di aver subito un’aggressione: “Viene refertato un trauma alla spalla destra, ma i testimoni dicono di averla vista con ‘una mano gonfia’”.
Il giudice Sandro Cavallo ha condannato il villanovese a nove mesi di reclusione con pena sospesa, subordinata a un risarcimento quantificato rispettivamente in 2000 euro per una delle due parti civili costituite e in 500 euro per l’altra.