È stata la discesa nel tunnel dell’alcolismo a compromettere i rapporti familiari di un monregalese di 46 anni fino al divorzio dalla moglie, al processo penale e alla condanna per maltrattamenti.
L’imputato, padre di due figli minorenni, era stato denunciato nel dicembre 2018 a seguito dell’episodio che aveva segnato la rottura definitiva nella coppia. Ai carabinieri la donna aveva raccontato di essere stata presa a schiaffi da lui mentre si accingeva a lasciare casa per sempre. Testimone dei fatti la figlia maggiore della coppia che in audizione protetta aveva confermato il racconto della mamma. “Papà era fuori di testa” aveva affermato, aggiungendo di essere stata a sua volta spinta dalle scale: “Perché papà ritorni ad essere una persona normale - aggiungeva - deve smettere di bere e ubriacarsi, perché quando non beve è un bravo papà”.
Lo stesso imputato ha ammesso di aver sofferto a lungo di un problema di etilismo risalente a un quindicennio prima, quando era stato vittima di un grave incidente. In seguito era stato anche in cura al Sert per alcuni mesi ma aveva poi interrotto le terapie. L’ex moglie ha parlato di vari litigi nel corso degli anni culminati in violenze da parte di lui: in una sola occasione la donna era stata in ospedale, dove le erano state refertate lesioni guaribili in dieci giorni. Anche i figli sarebbero stati testimoni di diversi episodi, tra cui alcuni particolarmente degradanti. Durante il suo esame il 46enne aveva negato di aver mai alzato le mani su sua moglie: “Se in quindici anni di matrimonio fosse stata picchiata se ne sarebbe andata via prima”. Circa l’episodio dello strattone alla figlia ha precisato di averglielo dato solo “per spostarla, perché non riuscivo a passare sulle scale”, ma sarebbe stata la bambina ad accentuarne le conseguenze: “Si è buttata per terra, è molto condizionata da sua mamma”.
Il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha concluso la sua requisitoria chiedendo per una condanna a un anno e otto mesi: “Spesso le donne pensano che i propri compagni siano cattivi mariti ma buoni padri: non è così, perché un genitore che maltratta l’altro genitore produce un trauma nel bambino che assiste”. Per la Procura quello emerso in istruttoria è “un quadro di duraturi abusi sia fisici che psicologici, protratti nel tempo e aggravati dall’alcol”. A conferma delle accuse, secondo il procuratore, le parziali ammissioni fornite dall’uomo: “Ricorda il litigio a seguito del quale la moglie ha ‘sbattuto’ l’occhio e quello in cui avrebbe ‘spostato’ la figlia sulle scale, sempre però scaricando la colpa su altri”. L’avvocato Manuela Roà, in rappresentanza della parte civile, si è associata nella richiesta di condanna: “Era un bravo padre e un bravo marito fino a quel maledetto incidente, accaduto solo due mesi dopo le nozze. A dirlo oltre alla moglie è lo stesso imputato che riconosce di aver cominciato a bere dopo questo episodio: la sua colpa è quella di non aver mai preso coscienza del problema, continuando a minimizzarlo”.
“L’alcol era la conseguenza dei litigi con la moglie, non la causa” ha obiettato il difensore, Alberto Bovetti. A giudizio del legale sono “numerose le contraddizioni e le incoerenze nella versione della parte civile e nelle varie testimonianze. In incidente probatorio la persona offesa aveva negato che il marito fosse da subito aggressivo, parlando invece di liti alle quali anche lei dava un contributo attivo”. I testi, compresi quelli estranei alla famiglia, avrebbero avvalorato l’ipotesi di “un clima di conflittualità bilaterale, dove lui a volte appariva addirittura subordinato”.
Il giudice Alice Di Maio ha comunque ritenuto provate le accuse, condannando il 46enne a una pena più grave di quella richiesta dalla stessa Procura: per lui la pena comminata è di tre anni di reclusione, con danni da liquidare in sede civile sia alla moglie che ai due figli.