Si è chiuso con la condanna dell’imputato a una pena di sette mesi di reclusione e 500 euro di risarcimento il processo per lesioni e minaccia a carico di E.G., cittadino albanese di 53 anni domiciliato a Savigliano.
All’epoca dei fatti, risalenti al giugno 2018, l’uomo era dipendente di un’impresa di Magliano Alpi. Sul lavoro si erano già verificati screzi con altri operai, tanto da indurre la direzione a convocare una riunione per appianare le divergenze. Tutto inutile se non dannoso, dato che i toni si sarebbero mantenuti alti in particolare tra E.G. e un suo collega, protagonisti di uno scambio di ingiurie: all’uscita dall’ufficio, E.G. aveva raggiunto proprio quest’ultimo per un “chiarimento”.
Stando a quanto riportato in seguito dall’autore della denuncia, il 53enne lo aveva spinto contro il muro prendendolo per il collo e sferrandogli un calcio alla gamba. L’aggressione sarebbe stata condita con una serie di minacce come “fai attenzione, sono un albanese e ti aspetto sul ponte di casa e lì ti posso fare tutto quello che voglio”. L’imputato avrebbe menzionato l’eventualità di rigare la macchina del suo rivale e dargli fuoco, arrivando perfino alla minaccia di morte: “Non ho niente da perdere e ti posso anche ammazzare”.
Per le lesioni procurate, un trauma cervicale con 15 giorni di prognosi, l’aggredito si è costituito parte civile nel processo con l’avvocato Serena Osenda. Il legale aveva chiesto una provvisionale di 800 euro per i danni, in aggiunta alla richiesta di condanna a otto mesi di reclusione formulata dal pubblico ministero Gian Luigi Datta: “A supporto di quanto dichiarato dalla parte offesa ci sono le testimonianze di tutti coloro che erano presenti alla riunione e avevano raggiunto i due in corridoio in un secondo tempo” ha sottolineato il rappresentante della Procura.
“Non si può dare per scontato che quella di E.G. non sia stata semmai una risposta all’aggressione subita” ha obiettato l’avvocato difensore, Alessandro Tronci: “Tutti i testimoni sono intervenuti in un momento successivo” ha aggiunto il legale, ricordando inoltre che “si tratta di persone tuttora dipendenti di quella ditta e dell’amministratore della stessa azienda, nei confronti della quale erano pendenti una causa per licenziamento scaturita da quei fatti e un’ulteriore procedimento”.
Il giudice Emanuela Dufour, al termine del processo, ha ritenuto l’imputato colpevole per entrambi i capi ascritti.