Di metafore sul “fuoco dell’amore” è ricolma la letteratura di ogni epoca. In questo caso, però, si è andati davvero troppo al di là delle invenzioni poetiche: è una torbida vicenda di gelosia, ricatti e intimidazioni quella che ha portato alla condanna del monregalese G.S., operaio escavatorista di 49 anni.
Per il giudice è lui il corresponsabile dell’incendio che nella notte tra il 14 e il 15 marzo 2018 distrusse due mezzi agricoli di proprietà di un taglialegna residente a Frabosa Sottana, in frazione Miroglio.
Il rogo si estese anche alla facciata della casa in cui dormiva la vittima designata di questa “vendetta amorosa”, insieme all’anziana madre e a un’amica di lei. Gli inquirenti erano arrivati dopo alcuni mesi di indagini a individuare come presunti autori del crimine una donna di 50 anni residente a Magliano Alpi, e lo stesso G.S., entrambi sottoposti all’obbligo di dimora e rinviati a giudizio. La donna ha in seguito optato per il rito abbreviato.
Secondo l’accusa a motivare i due complici sarebbe stata la relazione sentimentale che entrambi gli uomini, amici di lunga data, avevano intrecciato con la 50enne. Prima dell’episodio di marzo il frabosano era stato vittima di una lunga serie di dispetti culminata in un precedente incendio che aveva distrutto un trattore. G.S., dal canto suo, ha negato ogni rancore: “Non abbiamo mai bisticciato veramente, ci siamo sempre aggiustati se capitava qualcosa che non andasse. Dopo l’incendio ero andato a vedere cosa fosse successo. Non mi aveva accusato e io gli dissi che doveva averne combinata qualcuna per subire una cosa del genere”. Sarebbe stato proprio lui, anzi, a subire intimidazioni perché si assumesse la responsabilità di quanto commesso dall’amante: “Lei mi minacciò insieme a suo figlio. Hanno tagliato le gomme alla mia auto e a quella di mia moglie, poi sono comparse scritte come ‘confessa o muori’ e una sera uno sconosciuto mi ha citofonato per dirmi che voleva lasciare un ‘ricordo’ nella buca delle lettere: era un proiettile”.
Contro l’escavatorista, però, pesavano alcune prove circostanziate, a cominciare dalle riprese video che mostravano un’auto entrare e uscire da Frabosa in orario compatibile con il rogo, alle tre di notte. Il pubblico ministero Gianluigi Datta, chiedendo una condanna a due anni e sei mesi, ha osservato: “La relazione con quella donna ha avuto un effetto devastante, quanto l’incendio, nell’innescare una conflittualità tra G.S. e la parte offesa: il sodalizio criminale tra i due autori è provato da tutte le testimonianze”. L’avvocato di parte civile Enrico Buratti ha sottolineato i riscontri forniti dai tabulati telefonici e dal gps sull’auto dell’imputato: “L’antefatto è il furto in casa della complice che si scopre essere stato perpetrato dallo stesso G.S., geloso del fatto che lei svolgesse in quel periodo attività di meretricio. Qui si è impossessato del suo cellulare scaricando tutti i contatti degli uomini con cui intratteneva relazioni”. Per l’avvocato Mario Vittorio Bruno, difensore del 49enne, “la presenza del cellulare di G.S. sull’auto della donna si spiega col fatto che lei, sovente, si appropriava del telefonino dell’amante e se lo portava dietro”. Anche la ricostruzione del movente vacillerebbe a fronte del fatto che la parte offesa “ha testimoniato di non aver avuto nessun problema con G.S., ricordando anzi i loro trascorsi di amicizia”.
Il giudice Giovanni Mocci ha comunque ritenuto sufficienti le prove raccolte, condannando G.S. a due anni e sei mesi per il reato riqualificato in danneggiamento seguito da incendio. L’uomo dovrà inoltre versare una provvisionale di 10mila euro e risarcire in sede civile i danni subiti dalla parte offesa.