Mai dato - consapevolmente - alloggio a prostitute, mai incassato alcunché a parte gli affitti. Si difende dalle accuse di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione F.B., classe 1955, indagato dopo la scoperta nel 2018 di una rete di escort nel quartiere monregalese di Breo.
I primi sospetti erano sorti dopo il ritrovamento del cadavere di un uomo in un alloggio di via Rosa Govone. Un decesso per arresto cardiaco, in circostanze che avevano comunque indotto le forze dell’ordine ad approfondire la questione. Nei mesi successivi erano stati organizzati vari appostamenti per identificare i frequentatori abituali dell’appartamento. Altrettanto era stato fatto presso un altro indirizzo della stessa via, una decina di numeri civici più in là. A conferma dei sospetti, era emerso che entrambi gli alloggi risultavano associati agli annunci di una nota piattaforma online della prostituzione.
F.B. è finito nei guai in quanto locatario dell’alloggio, intestato al figlio, nel quale era avvenuto il decesso e dove i carabinieri avevano poi identificato due prostitute di nazionalità dominicana. Entrambe corrispondevano alle foto inserite sul sito di annunci: “Una di loro ha fornito copia del contratto di affitto datole da F.B., dal quale risultava che entrambe pagassero 300 euro di affitto al mese” ha riferito un luogotenente dell’Arma in tribunale. Lo stesso F.B. era già stato identificato in molteplici occasioni durante gli appostamenti. Anche l’altro alloggio - occupato da una escort - era risultato collegato all’uomo, di nazionalità italiana, che si occupava tra l’altro di riscuotere l’affitto. Canoni dai duecento ai trecento euro complessivi a settimana e tutto in contanti, per quanto è stato possibile ricostruire. Il guadagno ipotizzato è di quasi 9mila euro solo negli ultimi tre mesi del 2019. A gennaio del 2020 erano infine scattati gli arresti domiciliari a carico del sospettato: sul suo cellulare numeri che rimandavano a escort operanti anche a Milano, a Torino e in numerose altre città del nord e del sud Italia.
“Affittando casa può capitare che si presentino persone dedite alla prostituzione e io ne ero consapevole. Per questo avevo previsto apposite clausole nel contratto che vietavano tali attività” ha spiegato l’imputato, rendendo spontanee dichiarazioni ai giudici nell’ultima udienza del processo a suo carico. Il 67enne ha rimarcato il fatto che tutti i testimoni avrebbero escluso interventi da parte sua nella gestione delle case d’appuntamenti: “Sono stato agli arresti domiciliari per quindici mesi e ho potuto constatare che in uno degli alloggi dello stabile c’erano davvero alcune escort, ma non nei miei”. Quanto alla morte del presunto cliente, assicura F.B., “l’inquilina che occupava quell’alloggio non era una prostituta”.
Tra gli indizi più pesanti a carico dell’uomo, già condannato in passato per favoreggiamento, il ritrovamento di una lettera manoscritta nella quale F.B. avrebbe fatto parziali ammissioni di colpa. “La lettera è in parte frutto della mia fantasia e della mia mente in quel momento confusa” si è giustificato l’autore, sostenendo che lo scritto fosse stato rinvenuto “dopo una perquisizione eseguita senza mandato” e mentre lui si trovava ricoverato in ospedale. Le sue uniche entrate e uscite, ha spiegato, erano riferibili all’attività di ristorazione che aveva gestito fino al 2018 insieme a suo fratello e a suo figlio. Nessuna spiegazione invece riguardo alle conversazioni intercettate. In una con una certa Sonia, nella quale si discuteva sul numero di ragazze da piazzare in un alloggio, l’indagato scriveva: “A Mondovì, che è piccola, ne metterò solo una”.
Il prossimo 2 febbraio è prevista la discussione del procedimento.