Sono molto più comuni di quanto si pensi le cosiddette “truffe del bancomat”, dove una vittima ignara viene convinta ad effettuare un’operazione che dovrebbe concludersi con l’accredito di una somma di denaro sul proprio conto, ma si rivela invece un versamento in favore del truffatore. Non sono per forza le persone più fragili o anziane a cadere in questi tranelli, propiziati dalle capacità “incantatorie” di chi li mette in atto.
A un professore di Mondovì l’inganno è costato 1500 euro. Dopo aver messo in vendita il suo Maggiolino Volkswagen, per la somma di 13mila euro, era stato contattato da una persona che affermava di aver letto la sua inserzione su Subito.it: “Pareva più interessato al pagamento che alla vettura. Diceva che aveva piacere di darmi un acconto e che il giorno dopo sarebbe venuto a vedere la macchina, mi aveva anche mandato carta d’identità e tessera sanitaria”. Di fronte alle insistenze del presunto compratore, il proprietario dell’auto aveva acconsentito a portarsi fino al bancomat: qui l’uomo al telefono gli aveva dettato una serie di mosse che sarebbero dovute concludersi con l’accredito dei soldi. Il versamento, invece, l’aveva fatto senza accorgersene l’altra persona. Inutile, ovviamente, ogni tentativo di rimettersi in contatto con l’autore della chiamata, qualificatosi col nome di Leonardo: “Tutti i dubbi mi sono venuti dopo, sul momento non avevo neanche pensato a come quell’uomo potesse venire fino a Mondovì in periodo di lockdown” ha aggiunto l’autore della denuncia. Si era infatti nell’aprile del 2020, pieno lockdown.
I documenti inviati via Whatsapp si sono rivelati intestati a un altro soggetto, del tutto estraneo alla truffa. Tramite accertamenti sulla carta bancaria e sul numero di telefono, invece, si è giunti all’individuazione di Salvatore Perrotta e Antonella Samantha Manna, conviventi. La donna, classe 1991, originaria di Mirandola (Modena), ha scelto il rito ordinario, l’uomo invece ha optato per l’abbreviato. Il pubblico ministero Raffaele Delpui ha chiesto diciotto mesi di carcere per il presunto autore materiale della truffa e un anno per la coimputata, ritenuta sua complice perché intestataria del conto. “La mera intestazione della carta non significa nulla, non c’è prova che fosse nella disponibilità della Manna” ha sostenuto l’avvocato difensore della donna, Sabina Cabutti, ricordando come il truffato “dice di aver sempre parlato con un uomo, non si è parlato di voci femminili”.
Il giudice Alberto Boetti tuttavia ha ritenuto sussistenti le accuse. Per Manna, è giunta la condanna a un anno e un mese di reclusione più 150 euro di multa. Per Perrotta, imputato anche di sostituzione di persona per aver fatto ricorso a un documento altrui, la pena è di un anno e due mesi con una sanzione di 140 euro.