“In assenza di autopsia non si può sapere comunque se ci fossero lesioni e quanto gravi, e quale abbia determinato il decesso”: a parlare è il dottor Federico Quaranta, medico legale, interpellato dalla difesa di F.R., gestore del bike park di Viola St. Grée a processo per omicidio colposo.
L’imprenditore cebano è accusato di aver omesso le dovute misure di sicurezza sulla pista “Saltimbanco”, dove morì Andrea Pastor il 3 ottobre di tre anni fa. Il vigile del fuoco 38enne (che era stato in servizio anche a Cuneo) era venuto da Pigna, nell’Imperiese, insieme a quattro amici: per lui, appassionato sportivo, era la prima volta a Viola. La comitiva si cimentava nel downhill, una disciplina per gli amanti della mountain bike nella versione più spericolata. Salti, pietraie e ostacoli disseminati in una serie di percorsi adatti ai ciclisti più allenati. Pastor lo era, praticava anche trekking, arrampicata e sci ed era un esperto speleologo. Ma quel giorno gli fu fatale l’impatto contro il bordo di una rampa, all’altezza del petto.
Questo, almeno, è quanto sostengono accusa e parte civile sulla scorta dei vari riscontri. Non ultime le testimonianze di un amico che viaggiava su una pista parallela e di un’infermiera di passaggio che raggiunse subito il 38enne. Per lui, sposato e padre di due figli in tenera età, non c’era più niente da fare: “Una cosa particolarmente strana - osserva il dottor Quaranta - è che la testimonianza dell’infermiera che lo ha soccorso per prima non menzioni nessuna lesione”. Una morte così rapida, aggiunge ancora il consulente di difesa, fornisce elementi per ipotizzare che Pastor abbia subito “un trauma contusivo-distorsivo a livello cervicale e midollare”: “I periti di accusa individuano la causa di morte in un trauma toracico, con impatto contro lo spigolo del trampolino di atterraggio. Ma se fosse così le ecchimosi avrebbero caratteristiche diverse, rispetto a quelle che si possono osservare nella fotografia”. Manca la prova definitiva, quella che secondo Quaranta solo l’autopsia avrebbe potuto fornire: ma l’esame non ci fu.
Nell’ultima udienza del processo, aggiornato al 5 dicembre, ha parlato anche un frequentatore abituale del bike park. Il ciclista savonese era stato vittima di un infortunio di una certa gravità sulla stessa pista, nell’agosto di quello stesso 2021: meno di due mesi prima della tragedia. “Ho deciso di fare il salto dopo averlo osservato e valutato” ha spiegato lo sportivo: “Ho commesso l’errore io, facendo il salto corto e finendo sbalzato su un ostacolo e poi per terra”. Una brutta caduta di schiena lo aveva lasciato senza respiro, per qualche istante. L’elicottero del 118 lo aveva trasportato in ospedale a Cuneo, dove gli sarebbe stato diagnosticato un trauma polmonare. Per fortuna, senza conseguenze: “Per il mio incidente - spiega - non ho fatto querela, né chiesto un risarcimento dei danni. Non avrei saputo chi querelare”.
Il mountain biker dice di aver rievocato più volte la sua disavventura con il gestore, anche in modo scherzoso: “Come per tutti i salti, l’insidia è trovare la velocità giusta”. Ma il balzo era visibile, afferma il testimone, sia dal sentiero che dalla seggiovia che conduce alla pista. Un’opinione non condivisa da un altro ciclista, amico e compaesano di Pastor, vittima a sua volta di un infortunio sulla “Saltimbanco”: “Faccio anche motocross, quindi sono abituato ad affrontare i salti. Ma su una pista amatoriale non dovrebbero esserci ‘buchi’, solo tratti percorribili. I miei amici concordavano sul fatto che fosse un salto un po’ pericoloso”.