L’inghippo è stato rilevato dal comune di Saliceto, quando un impiegato ha scoperto che un percettore del reddito di cittadinanza residente in paese non aveva i requisiti necessari per accedervi.
Alla domanda presentata da M.A.T., immigrato marocchino in Italia da un decennio, mancava in particolare il possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Dal municipio dell’Alta Langa è partita la segnalazione alla Procura di Cuneo, con gli accertamenti del caso: “Interrogando le banche dati, il soggetto è risultato proprietario di tre autoveicoli e gravato da svariati precedenti penali” ha spiegato in tribunale il maresciallo della Guardia di Finanza Maurizio Murgia. A carico dell’uomo sono emerse una decina di condanne per vari reati, tra cui danneggiamento, disturbo alle persone e lesioni.
Il beneficio era stato sospeso dall’Inps dopo che l’amministrazione salicetese ne aveva rilevato la carenza di presupposti. Nel frattempo, però, il richiedente aveva già percepito una somma pari a 10.705,94 euro complessivi secondo quanto accertato dalla polizia giudiziaria. Soldi che ora, ha precisato il suo legale, sta restituendo mensilmente secondo un piano di rateizzazione concordato con l’ente previdenziale.
Questo comunque non gli ha evitato di ritrovarsi a processo per la contestata violazione. Il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha sostenuto che l’imputato, al momento della domanda per il reddito, fosse di fatto un immigrato irregolare: “Il permesso di soggiorno risultava scaduto a gennaio 2018, il documento non era stato rinnovato dal questore di Savona per tutta una serie di motivazioni ben dettagliate e notificate all’imputato, contestualmente all’ordine di lasciare il territorio nazionale. C’è anche il diniego confermato dal questore di Cuneo. Al momento dell’accertamento era clandestino”. Inverosimile, secondo l’accusa, che abbia commesso un semplice errore: “Era in Italia da anni, dunque non è ipotizzabile che non avesse compreso la richiesta che andava a sottoscrivere e per cui ha percepito quasi 11mila euro. Prendiamo atto che il soggetto, gravato da precedenti, sta restituendo la somma, ma il reato è istantaneo”. Per lui era stata quindi domandata la condanna a due anni di reclusione.
L’avvocato Riccardo Sartoris, difensore dell’imputato, afferma invece che il marocchino fosse in possesso di regolare permesso, ancorché non quello richiesto per accedere al beneficio: “Siamo sicuri che fosse consapevole della differenza? Per presentare la domanda si è rivolto a un Caf, dove avranno verificato che era in possesso di un titolo”. L’immigrato, ha aggiunto il legale, “ha una famiglia e due figli, cerca di portare avanti un’esistenza il più possibile inserita ed è in Italia dal 2011”. La sua responsabilità penale è stata comunque ritenuta provata dal giudice Emanuela Dufour, che ha condannato l’imputato quantificando la pena nei termini proposti dall’accusa.