MONDOVÌ - Continua il processo per il crac della Monte Regale di Mondovì

Nel fallimento del pastificio, erede dello storico marchio Gazzola, sono coinvolti gli ex proprietari marchigiani insieme a uno dei soci e ad altri tre imputati

a.c. 09/03/2021 17:53

 
Sono venuti in aula per chiarire la propria posizione due dei sei imputati coinvolti nel processo per il crac del pastificio Monte Regale di Mondovì.
 
R.M., titolare della S.M.A. srl (Società Molini Asti), è accusato di concorso in bancarotta preferenziale in qualità di fornitore e socio della storica azienda monregalese. Insieme a lui era presente anche M.C., ex membro del collegio sindacale, accusato di bancarotta semplice per non aver vigilato sulla gestione. Non sono invece comparsi i due ex proprietari, i marchigiani G.A. e R.A., che figurano tra gli imputati insieme a un altro ex sindaco della Monte Regale, S.F., e al commercialista P.C.R. che si occupò del concordato preventivo.
 
L’azienda, erede del pastificio Gazzola di via Cuneo, era entrata in profonda crisi negli anni Duemila e dopo vari cambi di proprietà era infine stata dichiarata fallita nel 2012. Tra i protagonisti dell’ultima, travagliata fase della quasi secolare storia dell’impresa alimentare c’è l’astigiano R.M., socio di minoranza e già da decenni fornitore della Gazzola e poi delle successive gestioni: “A metà del 2010 l’amministratore delegato del pastificio mi ha detto che l’azienda era in crisi e solo io sarei potuto subentrare ai marchigiani fornendo tutta la semola necessaria. Fidando del fatto che le difficoltà fossero superabili, ho accettato”. Se in precedenza la Monte Regale rappresentava circa un decimo del fatturato della Molini Asti, dopo ne era divenuto il cliente quasi unico: “In quell’anno e mezzo ho dato in pegno beni e proprietà immobiliari per garantire la Monte Regale, ho spostato quattro milioni di crediti per aumentare il capitale e ho perfino pagato direttamente fornitori e dipendenti. Ma a gennaio 2012 il molino S.M.A. non ce l’ha più fatta”.
 
Tra le contestazioni principali del sostituto procuratore Pier Attilio Stea figura la presunta vendita di 5mila tonnellate di pasta già inscatolata a una piccola impresa agricola di Chiusa Pesio. I vertici aziendali sostengono di aver ceduto quei quantitativi, a prezzi dieci volte inferiori a quelli di mercato, perché si trattava di scarti rifiutati dalla Barilla dopo essere stati giudicati non idonei all’uso alimentare. Secondo la Procura, invece, i prodotti fallati non sarebbero mai stati ritirati dal compratore indicato ma rivenduti sottobanco ad altri acquirenti fuori dal mercato europeo. Su questo punto ha risposto l’altro imputato sottopostosi all’esame, M.C.: “Si era ipotizzato che Monte Regale avrebbe dovuto spendere 300mila euro per smaltire la merce invendibile. Di fronte a questa eventualità, la possibilità di incassare una somma pur modesta (38mila euro, n.d.r.) è sembrata una buona operazione”. “Altro aspetto che ci aveva convinti - ha aggiunto - è che il compratore fosse un cliente storico, anche se acquistava quantitativi molto meno ingenti: abbiamo pensato che disponesse già dei suoi canali di smaltimento”.
 
L’udienza è stata rinviata per la conclusione dell’istruttoria e la discussione finale.

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