VILLANOVA MONDOVÌ - Coppia monregalese accusata di truffa allo zio e alla nonna 97enne

Il nipote, pregiudicato per lo stesso reato, avrebbe indotto i familiari a prestargli oltre 15mila euro per coprire le spese legali della compagna

a.c. 10/01/2020 19:30

 
Un prestito di circa 15500 euro, garantito con due assegni che poi si sarebbero rivelati scoperti: secondo la Procura di Cuneo a tanto ammonterebbe una presunta truffa architettata da C.F., un 45enne già condannato a nove mesi di carcere nel 2014 per lo stesso reato, insieme a M.B., la sua compagna.
 
Le vittime del supposto raggiro, però, non sono persone qualunque. Si tratta infatti della nonna dell’imputato, una signora della classe 1923, e dello zio. Nell’ottobre del 2017 C.F. avrebbe convinto l’anziana a prestargli 5500 euro con un bonifico emesso sul conto della convivente: in teoria, quei soldi dovevano servire come prestito per finanziare le spese legali che M.B. stava affrontando in seguito a un infortunio sul lavoro. Sia l’infortunio che la causa in tribunale sono provati dai riscontri, ma mancherebbe la prova che il denaro sia mai stato destinato a questo scopo.
 
Soprattutto, lo zio di C.F. afferma di essere stato indotto con la stessa scusa a consegnare altri 10mila euro in contanti a suo nipote, senza però ricevere nulla indietro. I due assegni da 2mila e 3mila euro sottoscritti da M.B. come restituzione parziale del prestito erano infatti risultati scoperti. L’imputato ha negato ogni addebito: il bonifico dalla nonna lo avrebbe sì ricevuto, ma il debito sarebbe poi stato ripagato dopo la vendita di una casa di famiglia. Nessuno, in ogni caso, avrebbe indotto l’anziana a credere che quei soldi servissero per l’avvocato: “Ci ha dato quella somma per aiutarci nell’acquisto di una macchina” ha assicurato C.F. di fronte al giudice, aggiungendo di non aver invece mai ricevuto nulla da suo zio, con il quale i rapporti sarebbero pessimi da oltre vent’anni.
 
La sua spiegazione non ha convinto il pm Anna Maria Clemente, che ha parlato di un “comportamento oltremodo subdolo” volto ad approfittarsi della fiducia dei congiunti più stretti. Per entrambi gli imputati la Procura ha chiesto la condanna a otto mesi di reclusione. Si è associato alle richieste il patrono di parte civile, sottolineando come l’emissione dei due assegni scoperti integri tutti gli elementi della truffa: “Allo zio era stato raccontato che senza quei soldi non avrebbero potuto vincere la causa. E non è affatto vero che i rapporti con lui fossero inesistenti, altrimenti non avrebbe saputo tante cose riguardo a quella vicenda giudiziaria”.
 
Entrambi i difensori, gli avvocati Luca Borsarelli e Silvia Lusso, hanno sostenuto che manchino le condizioni di procedibilità a carico degli imputati: l’unico scambio di denaro provato infatti è quello con la nonna, ma non è stata l’anziana a denunciare i due. Il fatto che quest’ultima avesse tolto la firma sul conto cointestato con il figlio e trasferito altrove la pensione, anzi, sarebbe una prova dell’insussistenza delle accuse. “Lo zio potrebbe aver nascosto operazioni personali sul conto accusando suo nipote” ha ipotizzato il difensore di C.F., e del resto “non si vede perché questi ulteriori prestiti di cui parla non si sarebbero potuti effettuare con un bonifico come avvenuto in precedenza. Né per quale motivo lui stesso non avrebbe chiesto altre garanzie, sebbene all’epoca non avesse ancora incassato i due assegni scoperti”.
 
Prima di chiudere l’istruttoria, il giudice Marco Toscano si è riservato di ascoltare la testimonianza del direttore della filiale della banca Alpi Marittime di Villanova Mondovì, o di un altro funzionario dello stesso istituto di credito che sia a conoscenza dei rapporti tra i due imputati e i presunti truffati.
 
Il processo è stato quindi rinviato all’udienza del prossimo 20 marzo.

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