In una nota diramata dopo l’ultima udienza del processo gli avvocati Elisabetta Rubini e Marco Ivaldi, sollecitati dai giornalisti presenti, hanno riferito in ordine alla dichiarazione dell’Ingegnere depositata presso il tribunale. De Benedetti sottolinea che tutte le sue affermazioni - in occasione dell’intervista rilasciata a Lilli Gruber al Festival di Dogliani nel 2018 - sono riconducibili a un contesto di discussione su temi di attualità politica: “Le opinioni critiche espresse riguardavano dall’ingegner De Benedetti infatti la portata e i riflessi dell’azione politica del senatore Salvini e della Lega nel contesto europeo” precisano i difensori.
La querela fa riferimento in particolare a una frase, nella quale l’ex editore di
La Repubblica tacciava il futuro vicepremier di essere
“xenofobo, antisemita, antieuropeo”. A Salvini non è andata giù l’accusa di antisemitismo:
“Non l’accettavo e non l’accetto tuttora, la ritengo un’infamia pesante” ha ribadito lunedì (28 giugno, ndr) davanti al giudice. De Benedetti, dal canto suo, sottolinea come le opinioni da lui espresse fossero
“ampiamente documentate, e supportate da un’attività di approfondimento su ognuno degli argomenti trattati e come il suo dissenso avverso le idee e l’operato politico della Lega all’epoca”. Un
“lecito esercizio del diritto di critica politica, in alcun modo censurabile in uno Stato di diritto”.
In riferimento al presunto antisemitismo salviniano, su espressa domanda dell’intervistatrice, l’imprenditore aveva riferito di aver visto affissi a Milano alcuni manifesti della Lega che lo ritraevano accusandolo di aver finanziato “i barconi di immigrati che vengono in Italia perché poi votano Pd”. Un accenno indiretto, forse, alle origini ebraiche della sua famiglia. Salvini, su domanda del pubblico ministero, ha replicato di non aver mai avuto notizia di simili affissioni ad opera del suo partito.