Aveva un’abitazione di proprietà a Mondovì Breo, ereditata dai genitori insieme al fratello. Una pensione di invalidità, da novecento euro al mese. Una serie di risparmi bancari, abbastanza da consentirle di vivere dignitosamente. Tutto in fumo nel giro di un paio d’anni per colpa, dice lei, di una persona che credeva amica.
La triste vicenda di una 53enne affetta da gravi turbe psichiche incomincia nel 2016, quando tramite un’altra paziente del Centro di salute mentale di Mondovì aveva conosciuto Raffaella Cervetto, l’attuale imputata. La presunta vittima era seguita dai servizi psichiatrici fin dal 1991, con una diagnosi di schizofrenia. Sarebbe stato allora che la donna, una savonese residente a Cuneo, avrebbe incominciato a irretirla: “All’inizio - spiega la persona offesa - mi voleva bene, mi aiutava quando stavo male e mi portava a Sant’Anna di Vinadio a fare i pellegrinaggi. Dopo ha cominciato ad angariarmi in tutti i modi: insulti, minacce. Mi ha fatto vendere casa dicendo che non potevo più stare sola e che lei mi avrebbe tenuta con sé a Cuneo, ma non è successo”. La questione della vendita della casa familiare è dirimente: stando a quando dichiarato in denuncia, l’imputata si sarebbe appropriata degli 80mila euro ricavati.
“Mi diceva che i soldi in banca ‘non erano sicuri’ e che lei li avrebbe messi in cassaforte, però non ho mai visto questa cassaforte” aggiunge la ex proprietaria. Ma non è tutto: “Le avevo dato la mia carta di credito, diceva di averne bisogno per i pagamenti. Mi aveva fatto cedere un quinto della mia pensione e spostare il conto da Mondovì alla filiale di Cuneo. Mi mandava a prelevare cifre enormi agli sportelli, anche seimila euro al giorno”. Una volta trasferitasi a Cuneo, la disabile era stata sistemata in un alloggio della Caritas, poi in un altro a San Pietro del Gallo dove conviveva con un’altra donna: “Nel garage erano stati sistemati i mobili di casa mia, l’avevo implorata di non darli via perché erano miei”. Tutto, invece, sarebbe poi sparito: i braccialetti della madre, i ricordi suoi e di suo fratello. “Non so che lavoro facesse, - precisa la teste - vedevo però che aveva sempre indosso gioielli molto belli e mi chiedevo dove li prendesse. A me aveva chiesto di firmare assegni in bianco sostenendo che servissero per pagare i ristoranti dove andavamo, ma a volte mi fermavano dicendo che il conto non era saldato”.
Solo con il riavvicinamento ai medici del Centro di salute mentale la donna avrebbe ripreso in seguito il controllo della sua vita: “Raffaella disse che mi volevano interdire e bisognava evitarlo, in realtà voleva mettermi contro il Csm per continuare a prendere i soldi. Oggi vivo in una casa tutta mia, grazie ai medici che mi hanno aiutato a mettere da parte i soldi e rifarmi una vita”. “Quando siamo intervenuti - ha chiarito il dottor Massimo Cervella - sul conto non c’era più un centesimo, nonostante la signora avesse incassato il denaro dalla vendita dell’alloggio dei genitori e la sua pensione”. La Cervetto, classe 1970, ha vari precedenti penali. Ha gestito in passato un ristorante a Prato Nevoso e rivestito incarichi pubblici a Savona, tra cui quello di presidente provinciale della Federazione Italiana Pesca Sportiva e membro della commissione Pari Opportunità della Provincia.
Il prossimo 11 febbraio è previsto l’esame degli altri testimoni.