Quando lo hanno portato in caserma ha spiegato di essere entrato in quella casa solo perché voleva farsi una doccia e credeva che l’abitazione fosse disabitata. Così però non era, tant’è che era stato il proprietario, alzatosi dal letto in preda a comprensibile sgomento, a trovarlo nel suo bagno intento ad asciugarsi.
Nel dicembre 2021 giovane era penetrato in un alloggio a Mondovì Altipiano dando un calcio alla porta, ignaro del fatto che il legittimo proprietario stesse dormendo nella stanza accanto. Anche quest’ultimo, dapprincipio, non si era preoccupato troppo per i rumori: credeva infatti che si trattasse di sua moglie appena rientrata in casa, dopo una serata con le amiche. Una vicenda degna de “I soliti ignoti”, salvo lo spavento che deve aver provato il malcapitato.
Non è comunque l’unico episodio per cui R.B, ventenne di nazionalità marocchina, irregolare in Italia, ha rischiato di finire in guai ancora più seri di quelli che poteva procurargli la giustizia. Pare infatti che il ragazzo fosse stato segnalato più volte mentre cercava di entrare in abitazioni altrui, talvolta abitate. In un episodio gli sarebbe stata aperta la porta dagli stessi proprietari e lui aveva rifiutato di andarsene sostenendo di “dover essere ospitato”. Un’altra volta, i carabinieri l’avevano trovato nel dehor di una pizzeria del Ferrone, in quel momento chiusa, dove si era sistemato per scaldarsi accendendo una stufetta. Anche dopo i due giorni di arresto, nel giorno stesso in cui era uscito dal carcere (con l’obbligo di firma), aveva cercato di occupare un appartamento in piazza Santa Maria Maggiore, nel quartiere Breo. Era stato quindi arrestato una seconda volta.
In tribunale si è trovato a rispondere di violazione di domicilio aggravata e furto. Quest’ultima imputazione è conseguenza del della prima intrusione: arrivato in caserma, infatti, l’uomo che aveva denunciato l’accaduto si era accorto che l’abusivo aveva indosso il suo giubbotto, i suoi pantaloni e pure le sue mutande. Per questa accusa l’avvocato Cristiana Sorasio, difensore dell’imputato, ha chiesto e ottenuto dal giudice Marco Toscano la derubricazione in conseguenza dello stato di bisogno del soggetto. La condanna è stata così limitata a tre mesi di arresto, contro la richiesta di un anno e undici mesi formulata dal sostituto procuratore Alessia Rosati: un esito che la difesa ha ritenuto soddisfacente.
Una perizia psichiatrica ha accertato che la capacità d’intendere e di volere del maghrebino era “grandemente scemata”, ma non al punto di inficiarne la possibilità di stare in giudizio. L’esperienza in carcere è comunque servita: R.B. è stato aiutato nel reinserimento da una psicologa e poi preso in carico dalla Caritas. Ora si è trasferito in Calabria. I monregalesi, in ogni caso, possono dormire tranquilli.