Nessuno sa dove sia finita Assunta Casella, la donna di 60 anni condannata nel 2017 per l’omicidio del marito 78enne, Severino Viora, trovato morto nel suo noccioleto a Paroldo l’8 giugno 2016.
Casella era stata condannata a 21 anni in appello e stava scontando la pena agli arresti domiciliari, in una casa-famiglia nella periferia di Torino. Da qui i carabinieri avrebbero dovuto trasferirla in carcere, dopo che la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati difensori Chiaffredo Peirone e Giuseppe Caprioli. Quando i militari sono arrivati nella struttura protetta, lei non c’era più.
Durante il processo ad Assunta Casella è emerso che la donna, di origini calabresi, era stata ‘acquistata’ dalla famiglia per cinquecentomila lire quando aveva solo 14 anni. Il marito-padrone, di diciotto anni più vecchio di lei, l’aveva portata con sé in Piemonte, sottoponendola a violenze e maltrattamenti e costringendola anche a prostituirsi.
Una vita di umiliazioni, cui la moglie ha pensato di porre fine assassinando l’anziano: dopo avergli somministrato un sonnifero, la donna lo avrebbe soffocato strangolandolo o per mezzo di un cuscino.
Al processo la donna si è sempre proclamata innocente. La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Cuneo, l’aveva condannata a 21 anni di carcere per omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. Per lei la Procura di Torino aveva chiesto l’ergastolo.
Casella aveva trascorso due anni di carcere preventivo ai domiciliari, prima nel Saluzzese e poi, da gennaio di quest’anno, nella struttura protetta dalla quale si è allontanata, rendendosi irreperibile.