Simili al personaggio letterario di Benjamin Malaussène, creato dalla fantasia di Daniel Pennac, nelle aule di giustizia si affacciano ogni tanto imputati che potrebbero rivendicare la qualifica di ‘capri espiatori di professione’.
È il caso di A.D.E. e G.Z., sotto processo a Cuneo per una serie di reati fallimentari tra cui la bancarotta fraudolenta nell’ambito dell’inchiesta sul crac della Intermedia srl, società con sede a Clavesana che operava nell’abbigliamento antinfortunistico.
Ad avviare le indagini nel 2016, su delega del pm Pier Attilio Stea, fu la Guardia di Finanza di Mondovì comandata allora da Arrigo Galvan. In aula è stato proprio il capitano Galvan, oggi in servizio al Nucleo di Polizia Tributaria di Torino, a ricostruire la genesi dell’inchiesta: “È emersa una situazione abbastanza grave per numero di soggetti coinvolti e precedenti criminali di alcuni di loro, tra cui A.D.E.”.
Costui, oltre a figurare come ultimo rappresentante legale dell’azienda prima del fallimento, era stato infatti il ‘caronte’ di due società dichiarate fallite ed estinte poco dopo il suo arrivo, la CT Logistics e la ITI.
Ma qui, secondo la tesi accusatoria, le doti imprenditoriali non c’entrano: “Il contributo al dissesto della Intermedia - ha riferito l’ex comandante delle fiamme gialle monregalesi - è solo in minima parte addebitabile ai due imputati. Il resto dipendeva dalla spregiudicata amministrazione del precedente responsabile M.V. e del consigliere C.P., ai quali gli altri due erano subentrati”.
La cessione delle quote societarie era stata messa nero su bianco stabilendo un pagamento di 100mila euro, ma il sospetto - in questa come in altre transazioni condotte da A.D.E. - è che i soldi non siano mai stati né versati né incassati: “Come in altri subentri ‘pilotati’, l’acquisto della partecipazione sociale ha effetto immediato ma il pagamento viene posticipato a una data successiva, senza la supervisione notarile”. In tre casi analoghi nei quali A.D.E. è subentrato alla guida di un’azienda, ha rilevato Galvan, la cessione avveniva in una data molto prossima alla dichiarazione di fallimento. In altre parole, una finta vendita ideata con il solo fine di scaricare una ‘bad company’ prossima ad affondare.
Ad avvalorare l’ipotesi della Procura concorrerebbe la vicinanza di A.D.E. con il consulente aziendale novarese A.S., arrestato insieme a lui e ad altre dodici persone nel dicembre 2017, al termine dell’operazione ‘Ginetto’ condotta dalla Guardia di Finanza di Crotone. A.S. è accusato di aver ‘ripulito’ almeno 34 società tra il Varesotto e la Lucchesia a partire dal 2009, con un profitto superiore al milione e mezzo di euro. Il giochino consentiva a vari imprenditori prossimi al fallimento di salvare i loro beni, mentre il prestanome di turno si immolava dietro compenso.
Lo stesso A.D.E., ha ricordato il capitano Galvan, sarebbe del resto “un soggetto di difficile reperibilità che si era sottratto all’interrogatorio affermando di non avere i mezzi finanziari per venire a Mondovì”.
Il presunto regista occulto dei fallimenti ‘pilotati’ di Crotone non è imputato nel processo in corso a Cuneo, ma è stato ascoltato dal giudice per chiarire in quali circostanze avesse collaborato con A.D.E. e quali fossero i suoi legami con la Intermedia srl. A.S. ha ammesso di conoscere entrambi i precedenti responsabili dell’azienda, l’amministratore C.P. di Novello e il consigliere braidese M.V., ma ha negato sia di aver collaborato alla cessione delle quote che di essere stato a conoscenza della situazione finanziaria.
“Avevo parlato all’amministratore della Intermedia di A.D.E., ma non ho preso parte all’operazione” ha dichiarato, aggiungendo che ciò dipendeva dal fatto che “in altre occasioni conoscevo persone che potevano acquistare quote delle aziende in difficoltà, ma in questo caso no”.
L’udienza è rinviata al prossimo 17 gennaio per la discussione delle parti.