Avrebbe carpito la fiducia della ragazzina, minorenne all’epoca dei fatti, sostenendo di essere un carabiniere: “Mi diceva che se avessi pagato avrebbe spedito il cellulare in caserma, a un collega di Ceva. Lui poi me lo avrebbe consegnato” racconta oggi la vittima, che ha denunciato per truffa il sedicente venditore.
Quest’ultimo è stato identificato più tardi nella persona di A.V., pregiudicato tarantino, in questo momento detenuto per altri reati. Sarebbe stato lui a condurre tramite il sito Marketplace la trattativa per la vendita di un iPhone XS con la giovane residente a Ceva. L’annuncio era a nome del figlio di A.V., ma sia il numero di telefono sul quale sono avvenute le conversazioni sia l’intestazione della Postepay riportano all’imputato.
Di fronte al giudice la vittima della truffa ha spiegato di essersi accordata per un pagamento di 330 euro, rispetto ai 400 euro indicati nell’annuncio. Soldi che sono stati versati ma che non hanno visto nessuna contropartita. Poiché all’epoca dei fatti non era ancora maggiorenne, la ragazza si era servita del codice fiscale di sua madre per completare l’acquisto: “I soldi, però, erano miei” ha assicurato. Il padre l’aveva poi accompagnata a presentare denuncia ai carabinieri (quelli veri). Dalle chat di Whatsapp, prodotte dall’accusa, emerge che l’autore del finto annuncio aveva più volte rassicurato l’acquirente circa la sua appartenenza alla Benemerita.
Il pubblico ministero Luigi Dentis ha rilevato: “Rispetto ai numerosissimi casi analoghi di truffe online, questo è semplificato dal fatto che l’intestazione della Postepay e il numero di telefono utilizzato da chi ha commesso la truffa coincidono”. La Procura ha contestato ad A.V. anche l’aggravante della “minorata difesa” dovuta al fatto che chi acquista su Internet non può sapere se la persona che ha di fronte sia davvero ciò che afferma di essere. Un orientamento giurisprudenziale recente, ma ribadito più volte dalla Cassazione. “Si tratta di fattispecie, quelle delle truffe online, che stanno ingolfando la macchina giudiziaria” ha spiegato il procuratore, motivando la richiesta di condanna a un anno e sei mesi, più 900 euro di multa.
Su questo dovrà esprimersi il giudice il prossimo 21 gennaio, una volta sentita la discussione della difesa.