Aveva raccontato allo zio e alla nonna di avere bisogno di soldi. Molti soldi, diverse migliaia di euro, addirittura “necessari” a vincere una causa in tribunale che altrimenti non sarebbe potuta proseguire.
Il 45enne monregalese C.F., già condannato a nove mesi di carcere per truffa nel 2014, è stato ritenuto colpevole di aver ordito un raggiro ai danni di uno zio residente a Villanova Mondovì. Secondo quanto raccontato da quest’ultimo, l’uomo avrebbe ottenuto da lui un prestito, garantito con due assegni poi rivelatisi scoperti. Tutti quei soldi dovevano servire a pagare l’avvocato che stava seguendo una causa per conto della sua compagna M.B.: la donna, vittima di un incidente sul lavoro, attendeva infatti un risarcimento. Anche lei è stata
processata per truffa insieme al convivente, ma il giudice l’ha assolta ritenendola estranea ai fatti.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, nell’ottobre del 2017 C.F. avrebbe convinto anche l’anziana nonna, classe 1923, a prestargli 5500 euro con un bonifico emesso sul conto della convivente. Lo zio sarebbe poi stato indotto con la stessa scusa a consegnare altri 10mila euro in contanti a suo nipote, senza però ricevere nulla indietro. I due assegni da 2mila e 3mila euro sottoscritti da M.B. come restituzione parziale del prestito erano infatti risultati scoperti. L’imputato in aula ha negato ogni addebito: il bonifico dalla nonna lo avrebbe sì ricevuto, ma il debito sarebbe poi stato ripagato dopo la vendita di una casa di famiglia. Nessuno, in ogni caso, avrebbe indotto l’anziana a credere che i soldi servissero per l’avvocato: “Ci ha dato quella somma per aiutarci nell’acquisto di una macchina” aveva assicurato C.F. di fronte al giudice, aggiungendo di non aver invece mai ricevuto nulla da suo zio con il quale sosteneva di essere in pessimi rapporti da decenni.
La spiegazione non ha comunque convinto il pm Anna Maria Clemente, che ha parlato di un “comportamento oltremodo subdolo” chiedendo per entrambi gli imputati la condanna a otto mesi. L’avvocato Antonio Tripodi, rappresentante di parte civile, ha ritenuto che la truffa fosse provata dall’emissione dei due assegni scoperti e dal fatto che lo zio di C.F. era a conoscenza di molti particolari riguardo alla vicenda giudiziaria: “Non è affatto vero che i rapporti con lui fossero inesistenti”.
Entrambi i difensori, gli avvocati Luca Borsarelli e Silvia Lusso, hanno sostenuto che l’unico scambio di denaro provato fosse quello con la nonna. L’anziana, del resto, aveva tolto la firma sul conto cointestato con il figlio e trasferito altrove la pensione, cosa che le difese ritengono indicativa di scarsa fiducia: “Lo zio potrebbe aver nascosto operazioni personali sul conto accusando suo nipote” ha ipotizzato il difensore di C.F., sostenendo inoltre che “non si vede perché questi ulteriori prestiti non si sarebbero potuti effettuare con un bonifico come avvenuto in precedenza”.
Il giudice Marco Toscano ha comunque ritenuto sussistenti gli elementi di prova nei confronti di C.F. e lo ha condannato a nove mesi di carcere e 200 euro di multa, più un risarcimento quantificato in 5500 euro.