“Alle mamme che mi dicevano di preferire me all’altra maestra rispondevo che le maestre vogliono bene ai bambini nello stesso modo, possono esserci semmai quelle più esigenti”: a dirlo è una docente d’asilo chiamata a testimoniare nel processo in corso contro la sua ex collega, in servizio fino a due anni fa presso la scuola materna di un piccolo centro alle porte di Mondovì.
La particolare severità dei suoi metodi educativi, secondo le accuse, sarebbe stata all’origine del profondo disagio di alcuni bimbi che avrebbero cominciato a dire di non voler più frequentare l’asilo o a nascondersi dalle bidelle. Uno di loro, addirittura, si sarebbe provocato il vomito ogni giorno per un paio di settimane al solo scopo di essere rimandato a casa:
“Da quando è andata via i bambini sono più sereni” ha riferito in una delle scorse udienze una bidella. L’altra insegnante dell’asilo chiarisce però di
non aver mai pensato che a scuola vigesse un clima di terrore:
“La mia collega era solita portare i piccoli dopo pranzo a fare una corsetta e gli permetteva di fare anche cose che io non consentivo, come giocare a pallone in salone. Alcuni bambini erano contenti di sapere che c’era lei al mattino, altri secondo i genitori non lo erano”.
Circa la somministrazione forzosa del cibo, la testimone precisa: “In un’occasione una bambina aveva rifiutato di mangiare gli spinaci: lei gliene ha avvicinato alla bocca una porzione piccolissima invitandola ad assaggiarla, ma senza forzarla. Io ho detto di non insistere ed è finita così. Un paio di episodi analoghi mi sono stati riferiti dalle collaboratrici scolastiche”. Anche l’episodio del morso sarebbe stato travisato: “Una maestra di sostegno e una bidella mi dissero di aver visto la collega mordere il dito a un bambino durante una festa di Natale. Quello stesso giorno ho visto che il bimbo aveva un cerotto che a un certo punto si è tolto. Ho guardato ma aveva soltanto una pellicina sollevata, il dito non era gonfio e non c’erano segni”. La docente dice di non aver assistito di persona nemmeno all’episodio nel corso del quale un bambino sarebbe stato costretto ad annusare le sue mutandine sporche: anche questo, tuttavia, le era stato riferito da altri.
Esclude invece che possano avere riscontro le voci riguardo alla “stanza buia” delle punizioni: “A scuola non esiste uno spazio del genere e nessun bambino è mai stato rinchiuso nello sgabuzzino”. Allo stesso modo, la collega non pensa che uno degli alunni possa essersi provocato conati di vomito ogni giorno per evitare l’asilo. Un’allieva seguita dall’insegnante di sostegno, aggiunge, era solita dare pizzicotti ai compagni: “Sia io che la collega, quando vedevano questi atteggiamenti, cercavamo di intervenire simulando il gesto del pizzico e dicendole ‘ti piacerebbe che qualcuno lo facesse a te?’. Ma si trattava appunto di un pizzicotto simulato”.
La frequenza quell’anno sarebbe comunque rimasta molto elevata: “Erano abituati a un certo livello di attività, quando se n’è andata via la collega è stato più difficile mantenere la disciplina. I bimbi erano irrequieti, pensavano ci fossero telecamere a filmare quel che succedeva a scuola e le cercavano. Forse perché erano stati bombardati di domande dai genitori a casa”.
Nella prossima udienza, in calendario il 18 ottobre, il giudice ascolterà l’altra insegnante dell’asilo e due ulteriori testi di accusa.