“Se prendevo un pugno stavo zitta, dove potevo andare?”: lo dice, tra le lacrime, una ragazza di nemmeno trent’anni, in un’aula del tribunale di Cuneo. È stata lei, alla fine, a denunciare per maltrattamenti il compagno che era anche suo socio di lavoro. Insieme, a fine 2019, avevano preso in gestione un locale in valle Tanaro.
L’inizio di un incubo, sostiene la giovane, perché sotto le liti per motivi di lavoro si era sgretolata anche la loro relazione che durava ormai da anni. “Prima c’erano discussioni normali, come tra tutte le coppie” spiega. Dopo, una sequela di insulti quotidiani e minacce. A volte, dice lei, anche qualcosa di più: “Ormai era una discussione unica, una volta ha preso il braccetto della macchina del caffè e ha fatto per lanciarmelo. Pugni, calci e insulti anche davanti ai clienti”. Un’escalation che sarebbe iniziata quasi subito, a capodanno, quando la coppia aveva appena avviato l’attività: “Alcuni clienti avevano chiesto di organizzare un aperitivo per capodanno e sono iniziate queste discussioni. Mi diceva ‘non capisci un c…’”.
Le tensioni si erano esasperate anche durante la chiusura per il Covid, qualche mese più tardi. Poco prima che accadesse, lui avrebbe spezzato una scopa dopo una scenata di rabbia: “Io sono scappata per la paura e piangendo, ho detto che non sarei voluta tornare”. Invece lo aveva fatto, ma nulla era cambiato: “In un’altra occasione, a seguito di un rimprovero sono scoppiata a piangere in cucina, per non farmi vedere dai clienti. Lui è arrivato da dietro e ha preso uno sgabello, se non mi fossi spostata in tempo me lo avrebbe lanciato addosso”. Testimone della scena sarebbe una dipendente che lavorava all’epoca nel locale.
“Diceva che io non riuscivo ad andare avanti senza di lui” ricorda la ex fidanzata ed ex socia. Ma diceva anche altro, come avrebbe fatto dopo che lei, terrorizzata da un litigio, era andata a dormire da amici: “Mi scriveva dicendo che non sarebbe più successo e invitandomi a tornare: dopo una settimana abbiamo riaperto”. A scatenare la rabbia del fidanzato, spiega la persona offesa, bastava un nonnulla: “Quando versavo vino nei calici, se per caso mi cadeva una goccia in più erano insulti e pugni”. Nessuna denuncia prima del 2022, nemmeno visite in ospedale o confidenze con la famiglia che vive lontana: “Non ho mai chiesto aiuto. Avrei dovuto farlo prima? Sì, sono arrivata al punto che mi ha messo le mani sul collo”.
Una sera, in estate, la decisione di dire basta. Dopo che il convivente, secondo la ragazza arrabbiato perché lei era rimasta fino a tardi in pizzeria con gli amici, si sarebbe spinto ancora più in là. “Sentivo che quella sera sarebbe capitato qualcosa, ho detto agli altri ‘vado a casa ma non so se torno, aspettatemi’” ha ricordato la presunta vittima. In casa, in effetti, sarebbe stata aggredita con violenza: “Mi ha preso per il collo e sono scivolata, perdendo il telefono. Mi ha buttata sul letto insultandomi, dicendo che gli facevo schifo e dovevo sparire. Quando ho cercato di uscire mi ha spinta verso il vetro, sul pianerottolo”.
Sconvolta, la ragazza era tornata nel ristorante senza nemmeno recuperare le sue cose. Qui l’avevano raggiunta più tardi un’ambulanza del 118 e una pattuglia dei carabinieri: “Non aveva segni di ferite, ma era scossa da frequenti crisi di pianto” ha testimoniato uno dei militari intervenuti. Insieme agli operanti, il giudice ha ascoltato le deposizioni di familiari e amici della ragazza nell’ultima udienza.