Le liti? C’erano, ma “erano solo litigi verbali”. Anche quando lei si è presentata dai carabinieri, due volte, per denunciare le botte subite dal compagno, padre di sua figlia, col quale conviveva a Mondovì. In caserma ricordano di averla vista arrivare piangendo, poco prima delle due di notte. Era pieno periodo Covid: “Nonostante la mascherina, sul lato sinistro del volto si notavano abrasioni all’altezza dell’occhio e dello zigomo” ha dichiarato un vicebrigadiere.
Quella volta la donna aveva deciso di ritirare la querela. “Per quieto vivere” ha spiegato in aula: “C’era la bambina e speravo che lui cambiasse”. Invece i problemi - abuso di alcol e cocaina, secondo la persona offesa - erano peggiorati: “A volte lo trovavo per terra dopo essere rientrata da lavoro. Ha rifiutato sia l’aiuto di un prete, che conosceva, sia quello dello psicologo dove io sarei stata disposta ad andare assieme a lui”. Quando la situazione si faceva insostenibile, racconta, lei andava a dormire dalla madre. A volte addirittura in auto, per non dover inventare altre bugie: sarebbe accaduto anche mentre era incinta.
L’uomo, ascoltato dai giudici nell’ultima udienza del processo per maltrattamenti, nega ogni addebito. In merito alla prima denuncia, dopo che la compagna aveva riportato ecchimosi e un trauma da caduta, spiega: “Le avevo dato un pizzicotto sul gluteo per scherzare, quella sera avevamo anche un po’ bevuto: lei è andata fuori di testa, ha inciampato e se l’è presa con me”. Il giorno successivo si sarebbe scusata, in lacrime, pentita di averlo “denunciato inutilmente la sera prima”.
L’episodio più grave, quello che ha portato alla fine della relazione e alla seconda denuncia, risale al settembre del 2022, più di un anno dopo. Lei dice di aver addormentato la figlia e chiesto al compagno di non fare rumore: “Quando la bambina si è svegliata l’ho presa in braccio, stavamo litigando. Lui ha colpito nostra figlia sulla schiena lanciando una confezione di yogurt: io mi sono infuriata, ho preso una bottiglia di vino e gliel’ho tirata contro, senza prenderlo”. A quel punto l’uomo si sarebbe avventato contro di lei, colpendola con un manico di scopa: “Sentivo il sangue scendere sul collo e mi sono spaventata. Uscita di casa, ho provato a suonare i campanelli, ma nessuno rispondeva. Allora ho chiamato mia sorella e ho provato a suonare di nuovo: ero scalza e sporca di sangue, era sporca anche la bambina”.
“Lei ha sbattuto sul tavolo una racchetta antizanzare e si è provocata qualche graffietto, agitandola” sostiene invece l’imputato. Nessuna violenza, nessun lancio di oggetti se non quelli che la compagna avrebbe lanciato contro di lui. Perché allora, chiede il pm, tante accuse false nei suoi confronti? “Avevamo una casa bella, con bei mobili, che è rimasta a me: nel momento in cui ha deciso di chiudere la storia me la voleva far pagare”.
A questo lui riconduce anche le dichiarazioni sulla sua presunta dipendenza da alcol e droga: “Ho fatto due o tre volte l’esame del capello, a lavoro fanno alcol test e test antidroga” sottolinea l’accusato. In merito al periodo trascorso alla comunità Cenacolo di Saluzzo, aggiunge, non si trattava di un percorso di disintossicazione ma di “un cammino spirituale”: “Mi ero lasciato con lei ed ero quasi in depressione”. Ci sono però anche i referti ospedalieri, prodotti dalla Procura: parlano di accessi per intossicazione da alcol sia prima che dopo la fine della convivenza. In uno di questi, nel 2020, il paziente aveva nel sangue 2,80 grammi di alcol per litro: “Ogni tanto esagero, ma non sono ubriaco tutti i giorni” ribatte lui.
La discussione del caso è fissata per il 12 marzo.