MONDOVÌ - Mamma e figlio condannati per le botte ai vicini di casa, davanti ai bambini

All’origine dell’aggressione la richiesta di fare “meno rumore”, rivolta a un bimbo che giocava. Il fratellastro uscì per menare le mani mentre era ai domiciliari

Andrea Cascioli 15/11/2024 16:45

Una banale lite condominiale sfociata in un vero e proprio pestaggio, ai danni di una coppia di vicini di casa con cui i rapporti erano tesi già da tempo. L’episodio, verificatosi a Mondovì nel giugno del 2019, ha portato alla condanna di A.N. e L.N., madre e figlio di nazionalità albanese, entrambi con precedenti penali.
 
Insieme a loro erano finiti a processo il marito della donna, G.T., e lo stesso vicino, A.S., nella duplice veste di imputato e parte civile. Il giudice Marco Toscano ha assolto entrambi dai reati contestati - per G.T. solo un’ipotesi di minaccia - e ha disposto nei confronti di A.S. il pagamento di 10mila euro di risarcimento, più ulteriori mille euro in favore di sua moglie, anche lei costituita in giudizio.
 
Il casus belli sarebbe stato la presenza di un bambino che giocava in cortile assieme ad un amichetto. Alla richiesta di fare meno rumore, formulata dal vicino, aveva fatto seguito la focosa reazione della madre e del fratellastro del piccolo, appunto L.N. e A.N., mentre il vicino si apprestava a uscire in auto dal garage: “Mi aggredirono obbligandomi a scendere dall’auto e mi presero a calci e pugni” ha dichiarato in aula. Sua moglie ha raccontato di essere stata a sua volta aggredita, in particolare dalla vicina che le avrebbe poi strappato e distrutto il cellulare per impedirle di riprendere la scena. Dei bambini, spaventati e piangenti, si era occupato invece un altro condomino, accorso dopo aver sentito le urla: “C’erano due uomini e due donne che si picchiavano, li conoscevo di vista. I bambini erano sullo sterrato in mezzo a calci e pugni. Mi sono preoccupato solo di loro e li ho portati in casa mia”.
 
Alla fine della zuffa A.S. aveva riportato la frattura setto nasale, di un incisivo e della mandibola, mentre la sua “avversaria” L.N. ne era uscita con il naso rotto e una trentina di giorni di prognosi. Per madre e figlio il pubblico ministero Alessandro Borgotallo aveva chiesto le pene più alte, rispettivamente cinque anni e sei mesi e sei anni. Nei confronti dell’uomo, in particolare, pesava anche l’accusa di evasione: al momento della baruffa in cortile, infatti, si trovava agli arresti domiciliari. Il rappresentante dell’accusa ha parlato di un “atteggiamento ostile e renitente, reiterato anche davanti al giudice”.
 
Nei confronti di A.N. la condanna ammonta a tre anni di carcere, mentre per la madre L.N. è fissata in due anni e tre mesi. Nei confronti di entrambi è stata disposta la revoca della sospensione condizionale.

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