Di chi è la montagna? Di chi la vive o di chi la attraversa? Rispondere a questa domanda non è facile se ai comuni bisticci tra allevatori ed escursionisti, di regola risolvibili senza troppi patemi d’animo, subentra una guerra legale che oppone un’amministrazione comunale a un operatore turistico di primo piano.
È successo sull’alpe Seirasso, a 1500 metri di altitudine, nel cuore di quella “exclave” sulle montagne che la pianeggiante Magliano Alpi amministra fin dalla sua costituzione in comune (la vicenda storica è stata
ricostruita in un nostro articolo). Qui, nel 2020, la Prato Nevoso spa aveva eseguito alcuni lavori per la realizzazione di una pista per mountain bikes su un sentiero. Il Comune ha ravvisato la mancanza di autorizzazioni e denunciato quello che ritiene un abuso in piena regola: a processo sono finiti così il rappresentante della società che gestisce la vicina stazione sciistica, E.M., insieme a L.T., titolare di una ditta di escavazioni a Villanova Mondovì.
Tutto è partito nel giugno di quattro anni fa dalla segnalazione di un margaro al vicesindaco maglianese. Di norma il tracciato è interdetta alle auto e chiuso con una sbarra, con tanto di cartello a segnalare il divieto di transito per i veicoli. Quel giorno, però, un furgone con a bordo un piccolo escavatore era riuscito a passare. “Tutti i territori sopra i 1300 metri sono tutelati, occorreva un’autorizzazione preventiva dal Comune” ha spiegato in aula il sindaco di Magliano Alpi, Marco Bailo. Autorizzazione che tuttavia non sarebbe mai stata richiesta, nemmeno “a posteriori”, e che d’altronde non si poteva ottenere per un’opera realizzata su terreni comunali. La successiva ordinanza aveva bloccato tutto: non c’è stato nemmeno bisogno di lavori di ripristino, ha aggiunto il primo cittadino, perché l’erba era presto ricresciuta.
Secondo il Comune, quella è zona ad esclusivo uso dei margari per i pascoli in alpeggio: “Spendiamo i fondi per le strade bianche per garantire l’accesso a margari e veterinari, gli altri non possono percorrerla” ha affermato Bailo. La difesa della società sostiene però che la maggior parte del sentiero sia considerata dalla Regione parte della rete escursionistica: “È legato a una legge che cerca di favorire il turismo” ha spiegato un architetto chiamato come consulente, affermando inoltre che a suo parere “non è possibile istituire divieti di passaggio”. “Potremmo titolare questo processo ‘molto rumore per nulla’” ha concluso l’avvocato Mario Vittorio Bruno nella sua arringa: “Lo ‘sfregio’ arrecato alla natura - ha precisato - è inesistente, perché è certo che di queste opere di manutenzione non vi fosse più traccia dopo poco tempo”.
“Bisogna capire che la montagna è di tutti: se ci sono sentieri ci sono delle vette e qualcuno ci potrà passare” ha poi aggiunto il legale: “Il Comune cerca il più possibile di tutelare i propri ‘clienti’, i margari: lo fa a volte addirittura interdicendo il passaggio a escursionisti e senza curarsi in alcun modo di sentieri cartograficamente previsti dalla Regione. Non censuro il comportamento finché non si sostiene, come ha detto il sindaco, che ponendo in essere semplici opere di manutenzione si crei un pericolo: forse lo si è evitato, per gli escursionisti”.
Per entrambi gli imputati la Procura, rappresentata dal pubblico ministero Luigi Dentis, ha chiesto due mesi di arresto e una sanzione pecuniaria da 12mila euro. Il prossimo 12 marzo la sentenza del giudice.