MONDOVÌ - Millecinquecento telefonate alla “sua” mediatrice: il richiedente asilo va a processo per stalking

La Procura ha chiesto una condanna a due anni per il sudanese, invaghitosi dell’operatrice che lo assisteva a Mondovì: un’ossessione coltivata anche dopo la denuncia

Andrea Cascioli 16/07/2024 09:50

In Sudan ha lasciato una famiglia, compresa la moglie. In Italia, a Mondovì, ha trovato accoglienza tramite una cooperativa e poi un lavoro, che gli ha permesso di integrarsi. Ora, però, pende su di lui una richiesta di condanna per stalking a due anni di reclusione: l’ha formulata il sostituto procuratore Alessia Rosati, all’esito di una vicenda scaturita proprio dalla denuncia di un’operatrice del consorzio Valdocco.
 
La giovane, non costituita in giudizio, ha parlato dell’ossessione sviluppata nei suoi confronti dal cittadino sudanese, A.E., che lei aveva seguito per due anni come richiedente asilo: “Per due anni il nostro è stato un rapporto normale, sebbene lui avesse problemi di convivenza con gli altri ospiti” ha spiegato in aula l’autrice della denuncia. L’africano all’epoca faceva parte del progetto Siproimi (l’ex Sprar, attuale Sai) e svolgeva un tirocinio presso un bar cittadino. Sembrava insomma che le cose stessero andando per il meglio. A maggio del 2021, però, erano iniziati i problemi: “Diceva che era intenzionato a sposarmi e nel caso avrebbe lasciato sua moglie. È arrivato a chiedermi di mettere al mondo una figlia per lui, di cui aveva perfino già immaginato il nome”. In una notte di agosto, ha raccontato la donna, le erano arrivate addirittura 1487 chiamate sul cellulare di servizio, che lei doveva tenere acceso.
 
Invano gli altri mediatori avevano cercato di convincere lui a desistere. “Lui la aspettava per le scale e lei era visibilmente spaventata e piangeva” ha spiegato la coordinatrice del progetto, alla quale erano stati riferiti anche due episodi in cui l’uomo aveva palpeggiato la dipendente: “Non è mai stato aggressivo in mia presenza ma molto agitato, a volte anche molto triste”. Prima che si arrivasse alla denuncia, il consorzio Valdocco aveva fornito alla ragazza un tracker per inoltrare una chiamata automatica, qualora si fosse sentita minacciata: “Dopo essere stato bloccato, aveva trovato il nuovo numero di lei. Faceva chiamare anche da persone che conosceva o da sconosciuti che incontrava per strada”.
 
Ad aprile del 2022, dopo la denuncia, è scattato il divieto di avvicinamento. Che tuttavia A.E. ha violato, prendendo in affitto un alloggio a poche centinaia di metri dall’abitazione della ragazza: ha assicurato che non ne era consapevole, ma lei non crede a questa versione. “Purtroppo con le buone non l’ha mai capito, tante volte aveva promesso che mi avrebbe lasciata in pace ma poi non lo ha mai fatto” ha detto in aula l’autrice della querela, aggiungendo: “Mi sento ancora in pericolo”. “Non era violento ma si era invaghito di questa ragazza, non c’era modo di fargli capire che non doveva insistere: pensava che alla fine lei avrebbe ceduto” ha confermato, nell’ultima udienza, il luogotenente Massimo Pirra, all’epoca al comando della stazione carabinieri di Villanova Mondovì. Agli atti sono acquisite anche le valutazioni degli psichiatri e i referti di due accessi al pronto soccorso, nei quali si legge che l’uomo si presentava “irrequieto e insonne, riferendo di provare queste sensazioni a causa di un attaccamento affettivo a una dipendente della struttura”.
 
Nei confronti del sudanese vige ora un divieto di dimora esteso all’intera provincia di Cuneo. Venerdì prossimo, il 19 luglio, il giudice ascolterà le argomentazioni della difesa ed emetterà la sentenza.

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