Due mesi di reclusione con pena sospesa, più 300 euro di risarcimento alla persona offesa, è la condanna che il giudice Lorenzo Labate ha comminato a I.P., cittadino rumeno residente a Mondovì, a processo per minaccia nei confronti di un minore aggravata dall’uso di un’arma.
L’arma in questione è un coltello che l’uomo avrebbe brandito contro uno dei quattro ragazzini che avevano bussato alla sua porta, nel febbraio di due anni fa. Cercavano il nipote, ma aveva aperto il nonno: “Li abbiamo sentiti parlare nella loro lingua, poi il nonno è rientrato in casa ed è uscito con un coltello da cucina nella mano destra” ha raccontato al giudice uno dei testimoni. In precedenza, ha aggiunto, uno dei suoi amici e la sua fidanzata avevano scambiato qualche parola con lui: “Si è avvicinato poco oltre la soglia e ha detto di andare via, il mio amico era spaventato”. Diversa la versione fornita dalla moglie dell’imputato: “Quella notte abbiamo sentito picchiare forte sulla porta di casa, tanto che si è danneggiata. Mio marito ha aperto e ha visto dei ragazzi che non conosceva. Gli ho chiesto chi fossero, ma lui non parla l’italiano”. Tuttavia, ha ricordato la signora, il marito avrebbe provato a parlare con loro chiedendogli cosa volessero: “Alla fine i ragazzi sono scesi giù dalle scale. Lui non aveva nessun coltello”.
“Un episodio spiacevole, in particolare perché commesso ai danni di un minorenne” ha concluso il pubblico ministero Raffaele Delpui, chiedendo sei mesi di reclusione: “La versione della persona offesa, relativa all’incontro ‘chiarificatore’ tra più persone, è confortata dagli altri testi. Mentre le circostanze lasciano intendere che la moglie dell’imputato sia sopraggiunta solo in un secondo frangente”. Alle conclusioni si è associata l’avvocato di parte civile Laura Filippi: “Il signore si è affacciato alla porta dell’abitazione e lui ha proferito minacce nella sua lingua, impugnando un coltello. Uno dei testimoni dice addirittura di aver pensato che l’imputato volesse attentare alla vita dell’amico, una circostanza che ha spaventato molto i ragazzi”.
Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Simona Pennuzzi, non sarebbe invece dirimente quanto raccontato dai testimoni: “Erano sulle scale e non hanno assistito in maniera diretta all’azione. Non credo che il signore sia andato ad aprire la porta col coltello in mano e con l’intenzione di minacciare il ragazzo”. Quanto alle eventuali minacce verbali, ha osservato il legale, “non sussistono elementi idonei a qualificare come tali le parole dell’imputato. La persona offesa ha sempre dichiarato di non averle comprese”.