Undici ore di straordinario retribuite con 132 euro lordi, al netto 77,14 euro. Ben poca cosa in sé, ma non se la Procura ritiene che la retribuzione aggiuntiva sia stata percepita in modo indebito: per questo, dopo la denuncia presentata dai suoi superiori, un appuntato dei Carabinieri di Mondovì è stato rinviato a giudizio davanti al tribunale di Cuneo. Il sostituto procuratore Attilio Offman ha formulato le imputazioni di violazione dell’ordinamento del lavoro e falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale.
F.B., in servizio presso il Nucleo Radiomobile del Comando Compagnia dell’Arma, è accusato di aver indicato al suo comandante ore di servizio aggiuntive in realtà mai effettuate, per un periodo compreso tra maggio e luglio del 2016. Il suo difensore Pier Carlo Botto obietta che quegli straordinari furono davvero svolti, mentre il militare si trovava in servizio esterno.
A far partire gli accertamenti era stato il maggiore Raffaele Ciliento, all’epoca comandante della stazione di Mondovì, dando seguito a una segnalazione pervenuta dal luogotenente Vincenzo Sanielli. Nel luglio 2016 l’appuntato F.B. aveva fatto pervenire una richiesta di remunerazione straordinaria per quattro ore: nel pomeriggio indicato, tuttavia, nessun collega ricorda di averlo visto in ufficio. La circostanza è stata confermata in udienza dal piantone della caserma e da altri carabinieri presenti, che hanno aggiunto di ricordare con precisione l’episodio perché quel pomeriggio si festeggiava il compleanno di uno di loro.
In seguito a questa anomalia erano stati disposti ulteriori controlli, che hanno portato alla luce presunte irregolarità riferite ai mesi di maggio e giugno. A norma di regolamento, gli straordinari vengono conteggiati solo se i militari si trovano in ufficio o impegnati in servizi esterni. A tutela del segreto istruttorio, inoltre, la compilazione degli atti deve avvenire in caserma, mentre stando ai rilievi tecnici della Procura l’appuntato avrebbe creato diversi files sul pc di casa limitandosi poi a copiarli sul computer di lavoro.
Le richieste di straordinario venivano annotate dal personale su appositi biglietti, non firmati, che ciascun carabiniere poteva lasciare sulla scrivania del comandante. A destare sospetti sarebbe stato anche il fatto che F.B. fosse l’unico a scriverli al computer anziché a mano. “Dalle immagini della videosorveglianza si poteva notare che quel pomeriggio F.B. e il collega erano usciti verso mezzogiorno e non erano più rientrati” ha testimoniato l’allora comandante di stazione: “Dalla verifica documentale è emersa inoltre una richiesta di straordinario spropositata rispetto al tempo che sarebbe stato necessario per redigere un rapporto su un furto in abitazione, come indicato da F.B.”.
Gli atti dell’indagine sono stati trasmessi anche alla Procura militare, che ha già archiviato il fascicolo. Nell’udienza odierna a Cuneo sono stati ascoltati i primi testi della difesa, tra cui il collega di F.B. che ha confermato di essere uscito con lui in pattuglia nel giorno indicato e di non aver mai notato irregolarità: “Io ero un semplice autista, lui il capo equipaggio. Poteva capitare che dovesse lavorare da casa”.
Il processo è stato rinviato al prossimo 29 aprile per il completamento dell’istruttoria e la discussione finale.