Da una lite condominiale a una minaccia con il fucile: questo, secondo la versione dell’accusa, è quanto sarebbe avvenuto nel cortile di un’abitazione di Mondovì sei anni orsono. Per questo episodio è finito a processo A.S., reduce da anni di liti con la vicina che l’ha denunciato.
La “faida” tra i due nuclei familiari è andata avanti fin quando la donna, una 54enne sposata e con figli, ha cambiato abitazione. Quel pomeriggio, ha ammesso lei stessa, una brutta lite con la moglie dell’imputato era già degenerata prima ancora che A.S. tornasse a casa: “L’ho colpita con uno schiaffo” ha riconosciuto la querelante. Al ritorno dell’imputato da una battuta di caccia, gli animi si sarebbero di nuovo esacerbati: “Ha puntato il fucile contro di me e mio marito, che era vicino, gliel’ha tolto di mano” ha raccontato la donna, sostenendo che il vicino avrebbe anche istigato la moglie ad accoltellarla.
Il marito della querelante ha confermato di aver visto la scena: “L’avevo visto frugare, non so dire però se il fucile fosse carico” ha aggiunto. Ai fatti aveva assistito un altro testimone, amico dell’imputato: “Stava tornando da caccia e aveva un fucile in mano. A un certo punto, sul balcone, lui e la signora hanno iniziato a bisticciare, ma ho capito ben poco di cosa si stessero dicendo”. L’uomo ha detto di non aver visto l’amico proferire minacce o puntare il fucile: “Ce l’aveva sotto braccio, a un certo punto non ho più visto la custodia”. L’imputato, da parte sua, ha ammesso di essere arrivato con il fucile, intenzionato a scaricarlo in un capanno di sua proprietà. “Ho sentito i bambini piangere e mia moglie che urlava, dopo essere stata picchiata. - ha detto - Il fucile era nel mio laboratorio a trenta metri di distanza, ho detto qualcosa come ‘questa qui vuole una fucilata’ e ho fatto il gesto di andarlo a prendere, ma nient’altro”.
Per il pubblico ministero Alessandro Bombardiere, la minaccia sarebbe confermata anche dalle parole del testimone terzo: “Ha visto il fucile in mano all’imputato al momento della lite” ha detto il rappresentante dell’accusa, chiedendo una multa di 1100 euro per l’uomo. “Non è un fatto isolato e nemmeno una sciocchezza, è stata una minaccia grave” sostiene l’avvocato di parte civile Stefano Barzelloni: “La minaccia si inserisce in un contesto di accuse reciproche e procedimenti pendenti. La donna sapeva benissimo di avere di fronte davanti una persona incline agli scatti d’ira. Solo a distanza di due anni, dopo ulteriori vicissitudini e minacce, ha scelto di andarsene perché esasperata”.
Il 14 settembre sono in programma la discussione della difesa e la sentenza del giudice.