MONDOVÌ - Porte sbattute e sale sulle scale per “esorcizzare” i vicini: “Diceva che eravamo indemoniati”

I fatti denunciati in un condominio di Mondovì. Ora una donna è a processo per disturbo della quiete e danneggiamento: “Ce l’aveva con bambini e cani” dice un teste

a.c. 20/12/2022 18:15

Un paio di ex residenti di quel condominio a Mondovì giurano di essersene andati “per disperazione”. A provocare questa scelta, dicono, i comportamenti di una vicina, protrattisi per anni. Così racconta uno di loro: “All’inizio non si comportava così, era una persona normale. A un certo punto è cambiata e da lì un’escalation di grida, porte sbattute e spargimento di sale: sosteneva che fossimo tutti indemoniati”.
 
R.B., la ex vicina sotto accusa, è ora a processo per disturbo della quiete pubblica e danneggiamento. Quest’ultima imputazione riguarda la rottura di una porta comune, che la donna avrebbe scardinato a forza di sbatterla: “Se qualcuno passava la teneva aperta e la sbatteva con forza subito dopo, per incutere paura. Lo faceva soprattutto quando mia moglie tornava da lavoro” ricorda uno degli abitanti “fuggiti” da quello stabile. “In un’occasione mi sono scansato in tempo mentre sbatteva la porta, ho rischiato di essere colpito al naso” ha riferito un altro testimone.
 
A provocare queste azioni di disturbo, segnalate ai due amministratori di condominio succedutisi negli anni, sarebbe stata la scarsa tolleranza di R.B. per i rumori anche lievi: “A volte usciva dalla finestra e urlava invitando ciascuno di noi ad andarcene, ci chiamava per nome: ce l’aveva soprattutto con i bambini e con i cani”. Una signora aggiunge: “Quando passeggiavamo con la bambina era solita urlare dal balcone, accadeva con chiunque passasse di lì. Le davano fastidio le persone che parlavano, anche con tono normale. D’estate succedeva più spesso perché lei teneva la finestra aperta”. A seguito di questi dissidi, riferisce un uomo che si è costituito parte civile nel processo, le forze dell’ordine sarebbero intervenute una quindicina di volte nell’arco di due o tre anni, su richiesta di più persone diverse.
 
Un condomino originario di Chiusa Pesio racconta di essere stato insultato per la sua provenienza: “Mi diceva ‘sei un montagnino, ritornatene a Chiusa Pesio’, a volte mi chiamava ‘soma’ (asino in piemontese, ndr). A mio figlio più grande dava dello stupido se rideva vedendo queste scene, non erano grossi insulti”. In un’altra occasione la donna si sarebbe rivolta alla madre di una delle residenti del palazzo insultando la figlia e la nipotina, con epiteti come “handicappata” e “mongoloide”. In aula sono state ascoltate alcune registrazioni audio nelle quali una voce femminile, riconosciuta come quella di R.B., grida all’indirizzo dei passanti. Tutti comunque hanno concordato nel sostenere che gli episodi non si verificassero in orario notturno.
 
Stando a quanto accertato dai carabinieri, l’imputata non sarebbe mai stata presa in carico dal centro di salute mentale di Mondovì: agli atti risulta un solo incontro con gli psicologi, a seguito del quale la donna aveva rifiutato ulteriori contatti. Si attende per l’11 aprile la continuazione dell’istruttoria.

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