Sono incominciate in tribunale a Cuneo le audizioni dei dipendenti delle tre cooperative i cui responsabili si trovano a processo per un’ipotesi di truffa ai danni dello Stato.
Le indagini erano partite a fine 2017, dopo che una segnalazione anonima aveva denunciato presunte irregolarità in alcuni centri di accoglienza straordinaria (CAS) convenzionati con la Prefettura di Cuneo. Nel mirino degli investigatori sono finiti undici centri facenti capo a varie cooperative torinesi: la Immacolata 1892 gestiva tre CAS a Ceva, uno a Valdieri, uno a Montezemolo e due a Borgo San Dalmazzo, mentre alla coop Il Tulipano facevano capo quelli di Levaldigi, Bene Vagienna e Monterosso Grana e alla Casa dell’Immacolata il centro di Belvedere Langhe. Accame, direttore della coop Casa dell’Immacolata, è finito a processo insieme alla responsabile legale dell’Immacolata 1892 Gabriella Brajkovic e ai due soggetti avvicendatisi alla guida de Il Tulipano, Chiara Bellomo e Giampaolo Massano.
Tutto era partito da un’ispezione della Guardia di Finanza di Mondovì nel CAS di Montezemolo, dove si era riscontrata l’assenza di dieci richiedenti asilo. Durante il sopralluogo era emerso che al posto degli immigrati che sarebbero dovuti essere presenti ce n’erano altri: “Successivamente abbiamo svolto un’attività più allargata e ci siamo accorti che questa ‘rotazione’ avveniva in tutti i CAS della stessa cooperativa” ha spiegato il luogotenente delle fiamme gialle Maurizio Leo. Solo a febbraio gli immigrati “dispersi” sarebbero stati rintracciati in un fabbricato rurale a Pietra Ligure, nel Savonese, un luogo mai segnalato alla Prefettura e al quale si era risaliti grazie alle indicazioni di alcuni ospiti del centro di accoglienza di Montezemolo. Nella struttura, sede di un’associazione che organizzava attività educative nella natura, era presente un dipendente della coop Immacolata 1892.
Nelle accuse a carico dei quattro responsabili delle cooperative si legge che gli immigrati sarebbero stati “arbitrariamente trasferiti in Liguria per svolgere attività lavorative in campo edilizio e cura e manutenzione del verde” con “compensi al di fuori di ogni norma di legge, senza autorizzazioni o contratti”. Non risulta che i compensi fossero stati richiesti più volte per gli stessi richiedenti asilo, tuttavia la Procura di Cuneo ha ritenuto sussistente la truffa, dal momento che gli immigrati venivano identificati come presenti in strutture dove in realtà non erano stati trovati. I contributi indebitamente percepiti, secondo i conteggi dei finanzieri, ammonterebbero in totale a 317mila euro.
Nell’ultima udienza del processo hanno cominciato a sfilare davanti al giudice gli operatori delle coop. Una dipendente della sede di Borgo ha spiegato come venissero registrate le presenze: “C’era un foglio apposito, quando andavano via dovevamo chiedere un permesso alla Prefettura. Gli spostamenti, anche quelli accordati per ragioni lavorative, non potevano superare un tot di giorni”. Capitava che i richiedenti asilo venissero inviati a seguire corsi professionalizzanti o di lingue in altri centri: “Erano andati anche a Pietra Ligure, ma da lì non ricevevo fogli di presenza” ha aggiunto la testimone. “I ragazzi che venivano a Pietra Ligure ricevevano lo stesso trattamento di quelli degli altri centri” assicura un altro operatore: “Un muratore insegnava loro a realizzare i muretti a secco, avevamo iniziato un corso per l’allevamento delle lumache. Potevano scegliere quali corsi seguire, ma non era un vero lavoro e non so se fossero assicurati”. Tutto, comunque, alla luce del sole: “All’inaugurazione dei sentieri aromatici venne anche il sindaco di Pietra Ligure, perché quello è un parco aperto al pubblico”.
Un ex mediatore culturale nigeriano ha parlato della sua esperienza nelle strutture di Ceva e Montezemolo: “I ragazzi venivano in ufficio e firmavano il foglio presenza, alcuni alla mattina e altri alla sera. Penso avessero un foglio presenze anche a Pietra Ligure, a volte restavano una o due settimane”. In merito alle procedure ha aggiunto: “Non sono mai stato a Pietra Ligure e non so se ci fosse bisogno di autorizzazioni, so che era una cosa utile. Uno di loro, che prima chiedeva l’elemosina, ha imparato lì un mestiere e ora fa i muretti a secco”.