MONDOVÌ - Provocò un incidente a Mondovì senza soccorrere due donne ferite, condannata

L’operaia marocchina è stata invece assolta dall’accusa di fuga: “Mi sento in colpa per essere andata via” aveva detto, in lacrime, davanti al giudice

Andrea Cascioli 04/06/2024 16:30

La fuga non c’è stata, ma l’omissione di soccorso sì. Questo è quanto ha stabilito il giudice Marco Toscano nel processo che vedeva alla sbarra H.L., operaia marocchina da lungo tempo residente a Mondovì. Nel maggio 2021 la donna aveva innescato un incidente a Carassone, tra via Silvestrini e via Nuova: uscendo da uno stop con la sua auto aveva bocciato una Fiat Punto diretta verso Breo, facendola sbandare e provocando un frontale con una Hyundai i20 che saliva in direzione opposta.
 
Solo lievi ferite per le due conducenti e uniche occupanti dei mezzi, un’italiana e una cubana, anche se una di loro, in seguito, avrebbe subito complicazioni riconducibili al sinistro. “Mi sento in colpa per essere andata via” aveva detto l’automobilista accusata, in lacrime, davanti al giudice. I carabinieri si erano messi da subito sulle tracce della misteriosa auto che dopo aver provocato lo scontro era sparita dalla scena. Inutili gli appelli diramati anche sui giornali locali, affinché eventuali testimoni fornissero informazioni utili a rintracciare il presunto pirata della strada.
 
Alla fine, erano stati i militari stessi a suonare alla porta di H.L., non troppo distante da luogo dell’incidente: “Avevo paura. Non ho pensato di andare dai carabinieri, ma quando si sono presentati a casa ho raccontato tutto” ha spiegato lei in aula. In sua difesa ha testimoniato anche il fratello, primo a raggiungerla sul posto, che ha detto di aver trovato la sorella in stato di shock: “C’erano due auto bocciate senza nessuno a bordo e diverse persone che parlavano. Mi hanno detto che tutti stavano bene e che i soccorsi stavano arrivando. Allora ho preso l’auto e accompagnato mia sorella a casa”. Una versione che non collima con quella dell’accusa: “L’imputata non si è interessata alla vicenda e nemmeno avvicinata” ha ribadito il pubblico ministero Alessandro Borgotallo, dopo aver ascoltato l’ultima teste, una signora sopraggiunta poco dopo l’incidente. Era stata lei la prima a chiamare i soccorsi e a notare la presenza di una ragazza maghrebina, raggiunta poco dopo dal fratello: “La sua auto era molto più in basso, ma non ho capito cosa facessero. Solo il fratello, mi pare, si è avvicinato per vedere cosa fosse accaduto”.
 
Almeno una delle due ferite, osserva il pm, “stava molto male, era bloccata nell’abitacolo e si lamentava”. Inverosimile per l’accusa, di conseguenza, l’ipotesi che fratello e sorella si fossero allontanati perché convinti che nessuno avesse riportato danni. “L’imputata non era vicina alle ferite perché stava male a sua volta” ha obiettato l’avvocato Sara Ambrassa, per la difesa: “La legge chiede di fermarsi quando si verifica un incidente e lei lo ha fatto, rimanendo fino all’arrivo dei soccorsi: la teste non esclude che possa essere rimasta anche dopo”. L’imputata, ha aggiunto il legale, “può non essersi resa conto di aver arrecato un danno”.
 
Il giudice ha assolto l’automobilista dall’accusa di fuga perché il fatto non costituisce reato, mentre per l’omissione di soccorso l’ha condannata a otto mesi di reclusione con pena sospesa. In aggiunta alla sanzione penale, c’è la sospensione della patente per un anno.

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